Page 175 - Gomorra
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nessuna pen-drive USB celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in
            garage nascosti in inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati
            dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi,
            raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo,
            trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando
            sussurra:  "È  falso"  all'orecchio  di  chi  ascolta  le  cantilene  a  rima  baciata  dei
            meccanismi  di  potere.  La  verità  è  parziale,  in  fondo  se  fosse  riducibile  a  formula

            oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.

                 Cerco sempre di calmare quest'ansia che mi prende ogni volta che cammino, ogni
            volta che salgo scale, prendo ascensori, quando struscio le suole su zerbini e supero
            soglie. Non posso fermare un rimuginio d'anima perenne su come sono stati costruiti

            palazzi  e  case.  E  se  poi  ho  qualcuno  a  portata  di  parola  riesco  con  difficoltà  a
            trattenermi dal raccontare come si tirano su piani e balconi sino al tetto. Non è un senso
            di colpa universale che mi pervade, né un riscatto morale verso chi è stato cassato
            dalla memoria storica. Piuttosto cerco di dismettere quel meccanismo brechtiano che
            invece ho connaturato, di pensare alle mani e ai piedi della storia. Insomma più alle
            ciotole perennemente vuote che portarono alla presa della Bastiglia che ai proclami
            della Gironda e dei Giacobini. Non riesco a non pensarci. Ho sempre questo vizio.

            Come qualcuno che guardando Vermeer pensasse a chi ha mescolato i colori, tirato la
            tela coi legni, assemblato gli orecchini di perle, piuttosto che contemplare il ritratto.
            Una  vera  perversione.  Non  riesco  proprio  a  scordarmi  come  funziona  il  ciclo  del
            cemento quando vedo una rampa di scale, e non mi distrae da come si mettono in torre
            le impalcature il vedere una verticale di finestre. Non riesco a far finta di nulla. Non
            riesco proprio a vedere solo il parato e penso alla malta e alla cazzuola. Sarà forse che

            chi nasce in certi meridiani ha rapporto con alcune sostanze in modo singolare, unico.
            Non tutta la materia viene recepita allo stesso modo in ogni luogo. Credo che in Qatar
            l'odore  di  petrolio  e  benzina  rimandi  a  sensazioni  e  sapori  che  sanno  di  residenze
            immense,  occhiali  da  sole  e  limousine.  Lo  stesso  odore  acido  del  carbonfossile,  a
            Minsk, credo rimandi a facce scure, fughe di gas, e città affumicate mentre in Belgio
            rimanda all'odore d'aglio degli italiani e alla cipolla dei maghrebini. Lo stesso accade
            col cemento per l'Italia, per il mezzogiorno. Il cemento. Petrolio del sud. Tutto nasce

            dal  cemento.  Non  esiste  impero  economico  nato  nel  mezzogiorno  che  non  veda  il
            passaggio  nelle  costruzioni:  gare  d'appalto,  appalti,  cave,  cemento,  inerti,  malta,
            mattoni,  impalcature,  operai.  L'armamentario  dell'imprenditore  italiano  è  questo.
            L'imprenditore italiano che non ha i piedi del suo impero nel cemento non ha speranza
            alcuna.  È  il  mestiere  più  semplice  per  far  soldi  nel  più  breve  tempo  possibile,

            conquistare  fiducia,  assumere  persone  nel  tempo  adatto  di  un'elezione,  distribuire
            salari,  accaparrarsi  finanziamenti,  moltiplicare  il  proprio  volto  sulle  facciate  dei
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