Page 136 - Gomorra
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massima ospitalità. In ogni caso uscite solo se necessario dal comprensorio militare".
Mi aiutò quell'articolista yankee a capire meglio il posto dove vivevo.
Quella mattina trovai Mariano al bar in preda a una strana euforia. Stava dinanzi al
bancone eccitatissimo. Si caricava di Martini a prima mattina.
"Cos'hai?"
Glielo chiedevano tutti. Persino il barista si rifiutò di riempirgli il quarto bicchiere.
Ma lui non rispondeva, come se gli altri potessero benissimo capirlo da soli.
"Io lo voglio andare a conoscere, mi hanno detto che è ancora vivo. Ma è vero?"
"Cosa è vero?"
"Ma come ha fatto? Io mi prendo le ferie e lo vado a conoscere..."
"Ma chi? Cosa?"
"Ti rendi conto, è leggero, preciso, poi spari venti, trenta colpi, e non sono passati
neanche cinque minuti... è un'invenzione geniale!" Era in estasi. Il barista lo guardò
come chi guarda un ragazzino che ha penetrato per la prima volta una donna, e porta sul
volto un'espressione inconfondibile, la medesima di Adamo. Poi capì da cosa
proveniva l'euforia. Mariano aveva provato per la prima volta un kalashnikov ed era
rimasto così favorevolmente impressionato dall'aggeggio che voleva incontrare il suo
inventore Michail Kalashnikov. Non aveva mai sparato a nessuno, nel clan era entrato
per seguire la distribuzione di alcune marche di caffè in diversi bar del territorio.
Giovanissimo, laureato in Economia e Commercio, aveva responsabilità di decine di
milioni di euro poiché erano decine i bar e le aziende di caffè che volevano entrare
nella rete commerciale del clan. Il capozona però non voleva che i suoi uomini,
laureati o no, soldati o dirigenti commerciali, non fossero capaci di sparare e così gli
aveva dato il mitra in mano. Di notte Mariano aveva scaricato un po' di pallottole su
diverse vetrine, scegliendo i bar a caso. Non era un avvertimento, ma insomma anche
se lui non sapeva il reale motivo per cui sparava su quelle vetrine, i proprietari
sicuramente un motivo valido l'avrebbero trovato. Una causa per sentirsi in errore c'è
sempre. Mariano chiamava il mitra con tono truce e professionale: AK-47. Il nome
ufficiale della mitragliatrice più celebre al mondo. Un nome piuttosto semplice, dove
AK sta per "avtomat kalashnikova", ovvero "l'automatica di Kalashnikov", e dove 47 si
riferisce all'anno della sua selezione come arma per l'esercito sovietico. Le armi
spesso hanno nomi cifrati, lettere e numeri che dovrebbero celare la loro potenza
letale, simboli di spietatezza. In realtà sono banali nomi dati da qualche sottufficiale
incaricato di rubricare in deposito nuove armi come nuovi bulloni. I kalashnikov sono