Page 69 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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segretarie,  portaborse,  faccendieri,  imprenditori,  familiari  e  amici  del
          presidente e degli assessori designati. Questa volta, nella parte riservata al
          pubblico  di  sala  d'Ercole,  l'aula  parlamentare  di  palazzo  dei  Normanni,  è
          presente anche Alessandro Leto, il presidente della cooperativa 21 marzo

          che fa capo al boss latitante e a Buongusto. Nella sala si entra solo per
          invito  di  un  gruppo  parlamentare.  Ovviamente,  l'invito  per  Leto  è  del
          gruppo  parlamentare  di  Rinnovamento  siciliano  e  la  firma  del  suo
          capogruppo, l'onorevole Bartolo Pellegrino.

              Appena  la  nuova  maggioranza  di  centrodestra,  con  l'aggiunta  dei
          transfughi guidati da Pellegrino, elegge il nuovo presidente della Regione,
          Vincenzino  Leanza,  Leto  si  preoccupa  di  telefonare  a  Buongusto:  «Sto
          arrivando  dalla  Regione,  hanno  fatto  il  presidente,  Leanza,  quello  che

          vogliamo  noi  altri».  Buongusto  ribatte:  «Ma  non  dovevano  fare
          Pellegrino?». E Leto spiega: «Pellegrino si è ritirato e hanno dato il nome di
          Leanza  e  hanno  fatto  lui».  Alla  domanda  di  Buongusto:  «Cosa  buona
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          questa è?», Leto risponde secco: «Si» .
              Quando sulla stampa siciliana vengono pubblicati i testi integrali delle
          intercettazioni, si apre una forte polemica pubblica, a dire il vero un po'
          paradossale.

              La  critica  a  Pellegrino  si  concentra  sul  linguaggio  poco  istituzionale,
          frutto di una cultura submafiosa, evidenziata dall'uso delle parole «sbirro»
          e «infame». Rimane assolutamente in secondo piano, invece, il rapporto
          tra il politico e gli esponenti mafiosi e la doppia strumentalità dello stesso
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          rapporto .
              Alcuni esponenti della cosca a Monreale erano legati a Rinnovamento
          italiano e poi hanno seguito Pellegrino, che ne era il leader, in tutti i suoi

          passaggi politici sino alla nascita di Nuova Sicilia e, da quello che emerge
          dalle indagini, ottenevano il sostegno di cui avevano bisogno per le loro
          attività imprenditoriali.
              Quando  Pellegrino,  nel  2001,  diventa  assessore  al  Territorio  e
          all'ambiente del governo di centrodestra, il rapporto si rafforza. Il gruppo

          punta molto sul legame politico con l'assessore.
              In una conversazione sempre rilevata dai carabinieri, uno degli arrestati
          dice al suo interlocutore: «Siamo andati a parlare della cooperativa e cose

          varie... a Marsala c'è una grande cooperativa che se la debbono levare e,
          questi fanno reti da pesca, fanno reti frangivento, fanno un sacco di cose e
          siccome ce la vogliamo rilevare noi altri e vogliono cento milioni, siccome
          ora con la legge 644 tu basta che ti prendi... questa industria, la Regione...
          te la compra a fondo perduto, hai capito, e ce la vogliamo accaparrare noi

          altri». Secondo i carabinieri Pellegrino è a conoscenza del progetto, e in
          una  telefonata,  sempre  Leto,  quello  presente  all'elezione  del  presidente,
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