Page 67 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Presentando  la  sua  legge,  Pellegrino  non  riesce  a  contenersi.  In  una
          conferenza stampa annuncia che ci vuole anche una sanatoria per la Valle
          dei templi di Agrigento. Per chiarire il suo pensiero afferma che se bisogna
          abbattere  «bisogna  cominciare  da  ciò  che  di  inammissibile  ha  fatto  lo

          Stato,  cioè  il  viadotto  Moranti,  che  va  abbattuto  prima  delle  case  della
          povera gente». Messaggio chiaro, tutti tranquilli, non si abbatte niente.




                                                  A pranzo con i boss



          Per l'assessore tutto sarebbe filato liscio, se un giorno di fine febbraio del
          2002 la procura della Repubblica di Palermo, nell'ambito di un'operazione
          antimafia che ha portato all'arresto dei capi e di dieci mafiosi della famiglia
          di  Monreale,  non  avesse  reso  noto  il  contenuto  di  alcune  intercettazioni

          ambientali e telefoniche.
              A  Monreale,  la  cittadina  normanna  che  si  affaccia  su  quella  che  un
          tempo  fu  la  Conca  d'oro  di  Palermo,  con  gli  agrumeti  che  coloravano  il
          vallone che dalle montagne di Altofonte e Pioppo scende verso il mare, è

          sempre esistita una mafia importante, diretta espressione dei corleonesi di
          Riina e Provenzano. Una mafia ricca, proiettata sulle attività imprenditoriali
          e l'edilizia, padrona di quel cemento che ha lasciato il ricordo delle bellezze
          della  Conca  d'oro  soltanto  sulle  cartoline  degli  anni  '60,  avendola  ora

          trasformata in un disordinato ammasso di case e di ville.
              Le famiglie mafiose di Monreale, più volte decapitate dalle guerre tra le
          cosche e dall'azione delle forze dell'ordine, sono sempre state tenute sotto
          particolare  osservazione.  Così,  quando  nel  febbraio  2002,  i  carabinieri

          arrestano i nuovi rappresentanti, si scopre che si tratta di imprenditori con
          forti interessi politici. Il braccio economico della cosca, la cooperativa «21
          marzo», ha addirittura vinto e gestito un appalto per i lavori preparatori del
          vertice mondiale dell'Onu sul crimine transnazionale, tenuto a Palermo nel

          2000.
              Come si sa, per la mafia anche l'antimafia diventa un affare, quando ci
          sono di mezzo appalti e soldi da gestire.
              La cosca ovviamente si occupa anche di altro: gestisce il racket delle

          estorsioni; traffica hashish e auto rubate con la 'ndrangheta calabrese; con
          la  cooperativa  21  marzo  è  impegnata  direttamente  nella  gestione  della
          raccolta  dei  rifiuti  a  Monreale  e  a  chi  vi  lavora  trattiene  una  parte  dello
          stipendio, una sorta di pizzo sul lavoro.

              Succede anche questo in Sicilia quando, pur di sopravvivere, si accetta il
          lavoro da un'impresa mafiosa che, come condizione dell'assunzione, vuole
          una percentuale fissa sullo stipendio.
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