Page 45 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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Come è noto, il processo decisionale in Cosa nostra segue una sorta di
          percorso «democratico» o almeno cosi era fino all'avvento della «dittatura»
          dei corleonesi di Totò Riina.
              Sotto la guida di Bernardo Provenzano pare che si siano ripristinate le

          vecchie regole, cosi ai capi dei mandamenti della provincia di Agrigento è
          stato chiesto da Palermo, e quindi direttamente da Bernardo Provenzano,
          di riunirsi per eleggere il loro nuovo rappresentante, essendo questo ruolo
          scoperto da due anni. Non è una decisione da poco. La mafia agrigentina

          ha  un  peso  economico  e  imprenditoriale  di  primo  piano  negli  equilibri
          regionali  di  Cosa  nostra  e  da  anni  è  alleata  fedele  dei  corleonesi  che,
          anche  in  questa  provincia,  hanno  avuto  coperture  per  le  loro  latitanze,
          come Giovanni Brusca che, fino al momento dell'arresto, viveva in una villa

          di Cannatello.
              Diversi  collaboratori  di  giustizia,  a  partire  dal  «ministro  dei  lavori
          pubblici»  di  Cosa  nostra,  Angelo  Siino,  hanno  raccontato  che  l'intero
          sistema di controllo degli appalti per le opere pubbliche passa da questa

          provincia.
              Fino  a  qualche  anno  fa,  sempre  secondo  i  collaboratori  di  giustizia,
          l'aggiudicazione  di  tutti  gli  appalti  in  Sicilia  aveva  come  snodo  alcune
          grandi imprese edili di Agrigento controllate dalle cosche, come quelle di

          Salamone e Miccichè.
              Ora il baricentro degli affari e degli appalti si è spostato dal capoluogo a
          un  altro  comune  della  stessa  provincia,  Favara.  Apparentemente  è  un
          paese  come  tanti  altri  della  Sicilia  meridionale.  In  effetti  ha  qualcosa  di

          diverso.

              Quando, percorsi qualche decina di chilometri da Agrigento, si giunge
          alle prime case di questo grosso paesone dal nome arabo (Fawara, fonte),

          la  sensazione  è  quella  di  trovarsi  in  una  delle  periferie  di  Beirut  o  nel
          centro di Gaza: un ammasso di costruzioni e palazzi senza ordine e senza
          intonaco, mattoni nudi e alluminio anodizzato ovunque, nelle porte come
          nelle  finestre  che  si  affacciano  su  strade  sterrate  o  dall'asfalto  che

          sembrerebbe essere stato bombardato ma è solo abbandonato.
              Eppure Favara è un paese con una ricchezza sproporzionata sia rispetto
          a quella della sua provincia che del resto della Sicilia. Gran parte di questa
          ricchezza è prodotta dalle imprese di costruzione che si aggiudicano appalti

          in tutta la Sicilia e realizzano lavori pubblici in mezza Italia, gestendo una
          rete di subappalti che rappresenta il vero strumento di controllo dell'intero
          settore dell'edilizia siciliana.
              Che  l'economia  si  fondi  sul  cemento  lo  si  respira  in  ogni  angolo  del

          paese,  cosi  come,  tra  Mercedes  nere,  Bmw  metallizzate  e  moto  di  alta
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