Page 657 - Shakespeare - Vol. 4
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d’aver ripreso le minime forze. Ora, mio signore,
ditemi, quali benedizioni ho io vivendo,
perché debba temere di morire? Perciò proseguite.
Ancora una cosa, però: non fraintendetemi: non per la vita,
che stimo meno d’una pagliuzza, ma per l’onore,
che vorrei intoccato: se sarò condannata
su congetture, tutte le prove dormenti
eccetto quelle che la vostra gelosia risveglia, allora vi dico
questo è abuso, non legge. Davanti a tutti voi,
onorati signori, io mi appello all’oracolo:
Apollo sia mio giudice!
UN NOBILE
Questa vostra richiesta
è assolutamente giusta; si produca perciò
in nome d’Apollo, il suo oracolo.
(Escono alcuni ufficiali.)
ERMIONE
Imperatore di Russia era mio padre: 29
o, se fosse vivo, e qui a osservare
le sofferenze di sua figlia! Se vedesse
la pienezza della mia disperazione, ma con occhi
di compassione, non di vendetta!
(Entrano gli ufficiali, con Cleomene e Dione.)
UFFICIALE
Voi qui giurerete su questa spada di giustizia,
che voi, Cleomene e Dione, siete entrambi
stati a Delfo, e da lì avete portato
questo sigillato oracolo, a voi consegnato
dalla mano del gran sacerdote d’Apollo; e che da allora
non avete osato rompere il sacro sigillo
né leggervi i segreti.
CLEOMENE. ADIONE
Tutto ciò noi giuriamo.