Page 656 - Shakespeare - Vol. 4
P. 656
LEONTE
Sapevate della sua partenza, come sapete
ciò che avete cominciato a fare in sua assenza.
ERMIONE
Signore,
voi parlate una lingua che non capisco:
la mia vita è alla mercé dei vostri sogni,
ed io qui la depongo.
LEONTE
Le vostre azioni sono i miei sogni.
Voi avete avuto un bastardo da Polissene,
ed io l’ho soltanto sognato! Ogni ritegno avete sorpassato
(fanno così i criminali) e adesso passate sopra ogni verità,
ma insistere a negarla non vale la fatica; perché come
è stata esposta la tua marmocchia, com’era giusto,
non essendoci padre a riconoscerla (il che, veramente,
è più un misfatto tuo che suo), così tu
assaggerai la nostra giustizia; nel cui aspetto più mite
non aspettarti meno della morte.
ERMIONE
Signore, risparmiatevi le minacce:
l’orco con cui vorreste spaventarmi, io lo cerco.
La vita a me non serve più;
il culmine e la felicità della mia vita, il vostro favore,
io lo do per perso, perché lo sento andato,
anche se non so come. La mia seconda gioia,
e primo frutto del mio corpo, dalla sua presenza
sono esclusa, come un’appestata. La mia terza consolazione
(nata sotto nemica stella) è dal mio petto
(l’innocente latte ancora nell’innocente bocca)
strappata per essere uccisa; io stessa ad ogni porta
son proclamata prostituta, e con odio oltraggioso
mi si nega il privilegio delle puerpere, che appartiene
a donne di ogni condizione; infine sono di furia
portata fuori, in questo luogo, prima