Page 408 - Shakespeare - Vol. 4
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In alto, aquila, fino alla reggia di cristallo.
[Sale.]
SICILIO
È disceso fra i tuoni,
spandendo il celeste suo alito di zolfo.
L’aquila sacra quasi planò fino a ghermirci.
Più dolce dei nostri campi benedetti
è però adesso la sua ascesa.
L’uccello regale si liscia le immortali penne,
e con gli artigli si gratta il becco,
come quando il suo dio è compiaciuto.
TUTTI
Sia grazie a te, Giove!
SICILIO
Il lastricato marmoreo si chiude:
ha fatto ritorno alla sua fulgida sede.
Via! Per esser benedetti,
obbediamo con scrupolo al suo comando.
[Gli Spiriti svaniscono.]
POSTUMO
[svegliandosi]
Sonno, mio progenitore,
hai concepito per me un padre,
e ricreato una madre e due fratelli.
Ma, oh, amarezza! Sono svaniti così com’erano nati.
E adesso sono sveglio. I poveri sciagurati
che dipendono dal favore dei potenti fanno sogni
come i miei, e al risveglio non trovano nulla.
Ma sbaglio, ahimè: ché molti non sognano nemmeno
di trovare, né si meritano, i favori di cui sono attorniati.
Così anch’io, che ho quest’occasione d’oro e non so perché. 19
Quali fate si aggirano per questi luoghi? Un libro?
Oh, prezioso oggetto, non rivelarti, come questo
frivolo mondo, una veste più nobile di ciò