Page 407 - Shakespeare - Vol. 4
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SICILIO
Guarda dal tuo palazzo di marmo,
aiutaci, o noi poveri spettri
leveremo grida al sinodo splendente
degli dèi contro la tua supremazia.
FRATELLI
Soccorrici, Giove,
o appellandoci contro la tua giustizia
ne fuggiremo.
Su un’aquila, Giove discende fra tuoni e lampi. Scaglia una saetta e gli
Spiriti cadono in ginocchio.
GIOVE
Più non offendete il nostro orecchio,
Spiriti gretti dell’infima dimora: basta!
Come osate accusare il Tonante, la cui saetta
confitta in cielo tutti i lidi ribelli abbatte?
Misere ombre dell’Elisio, via di qui,
trovate riposo presso le vostre rive
coperte di fiori mai sciupati.
Non datevi pena delle umane disgrazie:
non spetta a voi la cura, essendo com’è noto nostra.
Chi più amo, più metto alla prova, così che i miei doni,
a lungo rinviati, siano fonte di più grande gioia.
Quietatevi, il vostro prostrato figliolo
la nostra divina potenza eleverà.
Fiorisce il suo conforto, avendo alle spalle ogni cimento.
La stella di Giove brillò ai suoi natali,
e nel nostro tempio fu fatto sposo.
Alzatevi e sparite: sarà in eterno il signore di Imogene,
e più felice per le passate afflizioni.
Questo messaggio 18 posategli sul cuore:
vi sono iscritte dal voler nostro le sue gioiose sorti.
Adesso via, e non date più voce
con questo frastuono alla vostra impazienza,
se non volete suscitare la nostra.