Page 404 - Shakespeare - Vol. 4
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SECONDO CARCERIERE
O se avete stomaco.
[Escono i Carcerieri.]
POSTUMO
Benvenuta, schiavitù: giacché ti reputo
una strada verso la libertà. Eppure sto
meglio di un malato di gotta, il quale vorrebbe
gemere in eterno piuttosto che farsi curare
da quel dottore infallibile, la morte, che poi
è la chiave di queste catene. Coscienza,
i tuoi ceppi sono più gravi di quelli
che mi serrano polsi e caviglie. Oh, dèi benigni,
concedetemi il grimaldello del penitente,
con cui forzare quella toppa e liberarla per sempre!
Ma è sufficiente il dispiacere? Così ogni bambino
muove al perdono il padre terreno.
Più larga è la divina pietà. Se devo pentirmi,
non v’è modo migliore che in ceppi bramati,
più che imposti. Se il tributo da versare per la libertà
è l’espiazione, non reclamate nulla di meno
che tutto me stesso. So che siete più clementi
dei miseri mortali, che dai debitori falliti
prendono un terzo, un sesto, un decimo,
perché possano profittare ancora di quel che
rimane loro. Non è ciò che voglio. Per la cara vita
di Imogene, prendete la mia. Non vale certo tanto,
ma è pur sempre vita, e vostro è il conio.
Nemmeno tra gli uomini si pesa ogni moneta:
si accettano anche quelle leggere in virtù
dell’effigie che recano. Tanto più dovreste accettare
la mia, che ha sopra la vostra. Se dunque approvate
il rendiconto, celesti potenze, prendete la mia vita
e annullate questi freddi ceppi. 17 Oh, Imogene,
ti parlerò in silenzio.
[Si addormenta.]
Musica solenne. Come in un’apparizione, entrano Sicilio Leonato, padre di