Page 401 - Shakespeare - Vol. 4
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della nobiltà loro, che avrebbe potuto mutare
una conocchia in una lancia, ridiedero colore ai visi
impalliditi, risvegliando in chi la vergogna,
in chi l’audacia; sicché alcuni, resi vili solo
dall’esempio altrui (un peccato che in guerra
va punito ai primi accenni), presero a voltarsi,
mostrando i denti come leoni alle picche
dei cacciatori. Allora chi inseguiva si arrestò;
poi un cedimento, quindi l’indisciplinata rotta.
Eccoli riprendere come polli la strada su cui
erano scesi come aquile, schiavi quei passi che prima
avanzavano in trionfo. I nostri codardi, adesso,
come gli avanzi nei duri viaggi, diventano beni essenziali.
Trovato l’accesso da dietro a cuori indifesi,
oh, cielo! Quali fendenti portano! Colpiscono
uomini già morti, altri morenti, e i loro stessi
amici caduti nella prima ondata. Se prima
un romano ne inseguiva dieci, adesso ognuno di loro
ne scanna venti, di romani. Quelli che preferivano morire
piuttosto che resistere, spargono ora il terrore
in tutto il campo di battaglia.
NOBILE
Strana sorte: una gola impervia, un vecchio
e due ragazzi.
POSTUMO
Non stupitevi: sembrate più acconcio
a sentire il racconto di grandi imprese
che non a compierle. Volete ricavarci una rima,
da recitare poi per burla? Eccone una:
«Due giovani, una gola e un vecchio arzillo,
salvarono i britanni e ai romani diedero l’assillo».
NOBILE
Suvvia, signore, non ve ne abbiate a male.
POSTUMO