Page 338 - Shakespeare - Vol. 4
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ora consente a noi di riprendercelo.
Ricordate, sire, mio sovrano, i re vostri
antenati e il connaturato valore dell’isola vostra
che si erge, come un parco di Nettuno, protetta
da rocce inespugnabili tra procellose acque,
con sabbie che non sosterranno i vascelli
nemici, ma li inghiottiranno fino alla cima
dell’albero maestro. Cesare ottenne qualche
conquista, qui, ma certo non poté ostentare
il suo «venni, vidi, vinsi». Con infamia (la prima
che sperimentò) fu anzi respinto dalle coste,
due volte sconfitto; e le sue navi, poveri ignari
ninnoli, sbalzate dai nostri tremendi marosi
si fransero sulle scogliere come gusci d’uovo.
Tanto ne fu raggiante il famoso Cassibellano,
cui poco mancò (fortuna sgualdrina!) di
conquistare a Cesare la spada, tanto da far brillare
di falò festosi la città di Lud, 9
rinfocolando l’orgoglio dei britanni.
CLOTEN
Su, non c’è più alcun tributo da pagare: il nostro regno è molto più forte che
al tempo e, come dicevo, non ci sono più Cesari pari a quello; avranno forse il
suo naso storto, ma non un braccio così dritto.
CIMBELINO
Figlio, lasciate finire vostra madre.
CLOTEN
Molti, fra noi, hanno invece la presa salda di Cassibellano. Non dico di essere
tra costoro, ma ho anch’io una mano. Perché un tributo? Perché dovremmo
pagare? Se Cesare potesse nasconderci il sole con un lenzuolo, o intascarsi la
luna, gli verseremmo un tributo per la luce. Altrimenti, signore, di grazia:
basta tributi.
CIMBELINO
Dovete sapere che,
finché gli arroganti romani non ci estorsero