Page 317 - Shakespeare - Vol. 4
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[Esce la Dama.]
Alle vostre cure, o dèi, mi affido:
proteggetemi, vi prego,
dalle fole e dai notturni tentatori.
[Dorme. Iachimo esce dalla cassa.]
IACHIMO
Cantano i grilli, e i sensi affaticati degli uomini
trovano ristoro nel riposo. Così il nostro Tarquinio
calpestò con passo lieve i giunchi, prima di svegliare
la castità che avrebbe oltraggiato. Oh, Citerea,
di quale audace grazia adorni il tuo letto,
fresco giglio, più candido dei tuoi lini! Potessi toccarla!
Un bacio, appena uno! Rubini senza pari, con quanta
dolcezza bacereste! È il suo respiro che profuma così
la stanza. La fiamma della candela si piega
su di lei, come a voler spiare la luce racchiusa
sotto le palpebre, due bianchi veli striati dell’azzurro
color del cielo. Ma il mio intento è di osservare
la camera e annotare tutto: questi dipinti, e quegli altri;
e la finestra, lì, e le decorazioni del letto; gli arazzi, e le
figure e i fatti che ritraggono. Ah, ma qualche particolare
del suo corpo sarebbe una testimonianza migliore
di mille e mille insulsi pezzi di mobilio,
per il mio inventario. Oh sonno, scimmia della morte,
posati greve su di lei, rendi i suoi sensi muti
come le statue sepolcrali di una cappella.
Su, ecco, vieni via.
[Le toglie il braccialetto.]
Facile da sfilare quanto fu duro a sciogliersi
il nodo Gordiano. È mio, e sarà prova evidente
e abbastanza forte, al pari di quella invisibile
che la coscienza imbastisce, da mandar fuori di senno
il marito. Sul seno sinistro, un neo con cinque puntini,
come gocce cremisi sul calice di una primula:
ecco una prova più evidente di qualsiasi attestato.
Questo segreto lo obbligherà a credere
che ho forzato il chiavistello e preso il tesoro del suo onore.