Page 1784 - Shakespeare - Vol. 4
P. 1784

discussione  a  cinque  voci  (R.  Brower,  J.C.  Ramson,  D.  Aaron,  E.  Drew  e
          Stauffer stesso) proprio sul sonetto 146. Dopo avere elogiato i risultati dello
          scritto, testimoniante, nella molteplicità delle interpretazioni, la polisemicità
          del sonetto, Booth dichiara il proprio apprezzamento anche nei confronti di

          commenti  più  recenti.  Appare  tuttavia  sorprendente  che  egli  mostri  di
          ignorare il saggio di Melchiori (e tutta la critica italiana), nel quale pure era
          approfonditamente analizzato il sonetto 146, e secondo l’ottica ermeneutica
          dal  Booth  stesso  tanto  insistitamente  propugnata; L’uomo  e  il  potere,  per

          giunta, è pubblicato anche in edizione inglese.
          Melchiori viene invece citato da Kenneth Muir (Shakespeare’s Sonnets, 1979),
          che però ne confuta le conclusioni relativamente ai sonetti 129 e 146, a suo
          parere  essenzialmente  improntati  al  dualismo  di  marca  neoplatonica  e

          cristiana  («It  is  there»,  egli  obietta,  «and  we  cannot  explain  it  away  by
          searching  for  elusive  ironies  and  dubious  sub-textual  meanings»;  p.  111).
          L’ampio  commento  del  Muir  tocca  svariati  punti  già  discussi  da  altri:  gli
          imprestiti dei vari sonnetteers elisabettiani fra loro, l’influenza di Erasmo nei

          sonetti  matrimoniali  e  di  Ovidio  in  quelli  sull’immortalità  dell’arte,  l’ordine
          della  sequenza,  la  funzione  dei couplets,  la imagery  basata  sulla  metafora
          legale e su quella naturalistica, il rapporto fra poesia autobiografica e non.
          Nell’ultimo  capitolo  è  fornita  anche  una  succinta  rassegna  della  critica,

          suddivisa in tre gruppi: esegetica, comparativista e biografica.
          Gerald Hammond, infine, nel suo The Reader and Shakespeare’s Young Man
          Sonnets (1981), prende in esame i primi 126 sonetti, quelli indirizzati al fair
          youth.  L’intento  di  Hammond  è  quello  di  porsi  nell’ottica  del  lettore,  onde

          individuare  le  sue  reazioni  immediate  di  fronte  a  una  esposizione  spesso
          oscura  e  resa  ambigua  dalle  metafore  (che  egli  distingue  in liberating  e
          obtrusive,  le  prime  tipicamente  convenzionali,  le  seconde  decifrabili  in  più
          direzioni). Sulla base del principio delle «attese soddisfatte» o «frustrate», e

          degli  effetti  della  connotazione  (che  egli  chiama innuendo),  Hammond  si
          sforza di raffigurare il percorso mentale del lettore e le «impressioni» indotte
          da  costrutti,  riferimenti,  fonosimbolismi  i  quali  sembrano  rimandare  a
          significati  spesso  in  contraddizione  con  l’intento  celebrativo  della

          convenzione.  Così  ad  esempio  la  sequenza  matrimoniale  presenterebbe  un
          fair youth avvenente e fulgido di virtù, ma anche staticamente imbalsamato
          nel suo splendore; più oltre l’immortalità promessa al giovane tramite la sua
          celebrazione nei versi sembra radicarsi nella poesia stessa, che assume una

          chiara  supremazia  estetica  nei  confronti  del  celebrato  (in  particolare,  nel
          sonetto 63 emergono primariamente la vitalità e la forza della poesia, mentre
   1779   1780   1781   1782   1783   1784   1785   1786   1787   1788   1789