Page 1785 - Shakespeare - Vol. 4
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l’immagine del giovane risulta contagiata e immiserita dalla serie di allusioni
          di vecchiezza e morte). Procedendo, nella sequenza del poeta rivale, pure,
          trasparirebbero  sarcasmo  e  allusioni  sessuali  che  sminuiscono  la  figura  del
          fair youth, conferendogli un’aura di mercificazione.

          Ancora,  secondo  Hammond,  molti  dei  sonetti  «a  coppia»  contengono,  nel
          secondo, una reversione ironica degli assunti celebrativi del primo. E un po’
          ovunque, insomma, alle lodi si affianca, sotteso o chiaramente espresso, il
          biasimo,  alla  pretesa  assoluta  dipendenza  del  poeta  dal  giovane,

          l’affrancamento dell’ego poetico. Nella parte finale, soprattutto (dal sonetto
          102 in avanti), Hammond individua un netto rovesciamento dei ruoli: il poeta
          emerge come figura centrale, afferma la propria indipendenza (sonetto 109),
          si  sottrae  alla  tirannica  esigenza  di  lodi  del fair  youth  (sonetti  117-121),

          sconfigge la morte e vive eterno nei propri versi mentre il fair youth appare
          immobilizzato  nel  ruolo  di  monumento  (sonetto  107).  I  sonetti  97-99,
          nell’opinione  di  Hammond,  addirittura  costituirebbero  un  ponte,  una
          transizione  poetica,  nella  quale  la  vacuità  delle  immagini  ricalcherebbe

          significativamente  l’insignificanza  e  la  vanità  dell’intera  poesia  d’amore
          dedicata al fair youth. Su questa linea, che attribuisce al canzoniere una sorta
          di funzione meta-poetica, Hammond osserva: «In sonnet groups like 67-70
          and 94-96 the poet’s strategy is to criticize and dissect while he preserves the

          gestures  and  expressions  of  sincere  admiration;  and  this  in  not  simply  a
          matter  of  providing  ironic  or  parody  compliments,  for  these  sonnets  go
          deeper and analyse the actual nature of complimentary poetry. They use its
          forms of expression, metaphors and images seriously − almost solemnly, at

          times − and in doing so reveal the viciousness inherent in the poet-sonnet-
          subject relationship» (p. 111).
          L’analisi delle ambiguità sintattiche e lessicali, nonché di quanto Hammond
          definisce  le  «insincerità»  dei Sonetti  di  Shakespeare,  appare  in  molti  punti

          convincente.  Nuoce  un  po’  al  lavoro  (mi  sia  concesso  dirlo)  l’omissione  di
          riferimenti  agli  studi  italiani,  regolarmente  ignorati  nella  critica  inglese;  in
          particolare  il  saggio  di  Serpieri  (1975),  ove  già  erano  delineate  alcune
          osservazioni qui riproposte come inedite; e il mio saggio dello stesso anno,

          che pure conteneva, nello studio della connotazione relativamente ai sonetti
          86 e 87, considerazioni analoghe a molte di Hammond.




          Le traduzioni italiane


          Un ultimo cenno aggiungeremo, a livello informativo, sulle traduzioni italiane
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