Page 1452 - Shakespeare - Vol. 4
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del dramma e una certa ripetitività nelle coreografie solenni, dove tuttavia i
          contemporanei di Shakespeare potevano leggere emblemi e simboli che a noi
          possono sfuggire; ma una struttura c’è, semplice quanto robusta. Il dramma
          si regge sui quattro processi, variazioni su un unico tema: quello dei limiti

          della giustizia terrena (e non a caso il testo si carica di termini, concetti e riti
          legati  alla  maestà  della  legge).  Buckingham  è  processato  dentro  e  fuori  la
          scena, e del processo sappiamo tutto salvo se l’imputato sia o no colpevole.
          Caterina  si  difende  davanti  a  una  corte  di  alti  prelati,  e  nel  pieno  rispetto

          delle forme legali un’innocente paga per colpe non sue; la giustizia del clero
          si piega alla ragion di stato: non resta che sperare nella giustizia divina. Il
          processo  a  Wolsey  non  si  celebra  presso  un’alta  corte  ma  in  un’aspra
          dialettica di accuse sempre confutate che informa di sé due terzi del dramma:

          una corte in cui la vox populi e i nobili della corte si ergono a giudici, e in cui
          la sentenza è emessa dal Re all’atto dello smascheramento, in una scena che
          da sola equivale a un processo. Infine, tocca a Cranmer affrontare il giudizio
          dei suoi pari, in un confronto carico di tensione e suspense. Soltanto il Re può

          prevenire  una  flagrante  ingiustizia  ristabilendo,  con  la  giustizia,  la  pace.  E
          solo allora ci si può dare ai festeggiamenti.
          Sono queste le chiavi di volta di una struttura in cui lo spettacolo è sempre e
          comunque  presente:  a  volte  descritto  da  testimoni  oculari  (il  Campo  del

          Drappo  d’Oro,  il  processo  a  Buckingham,  l’incoronazione  di  Anna  con  le
          concomitanti  scene  di  entusiasmo  popolare,  la  cerimonia  del  battesimo),  a
          volte portato direttamente in scena. Che dire del primo solenne incedere di
          Wolsey,  «preceduto  dal  portatore  del  sigillo  reale»,  col  suo  codazzo  di

          segretari? O dell’arrivo del Re e della combriccola di finti pastori fra le tavole
          imbandite, al ballo in maschera del Cardinale, o degli alabardieri che scortano
          Buckingham  nel  suo  ultimo  viaggio,  tra  due  ali  di  folla  muta?  Si  tratta  di
          effetti  di  animazione,  che  adornano  la  facciata  di  un  edificio  sorretto  da

          quattro possenti pilastri (i processi), sormontati da un architrave (la giustizia
          del Re) e da un timpano (con tanto di fregio istoriato da Cranmer, che celebra
          le sorti future della nazione).
          Se poi si vuole individuare la struttura del dramma in termini dinamici anziché

          architettonici,  possiamo  farlo  parlando  di  ascesa  e  discesa,  di  alta  e  bassa
          marea,  di  movimenti  alterni  che  ci  riportano  agli  schemi  della  Ruota  della
          Fortuna  medievale  o  ai  meccanismi  della Morality  Play,  con  il  loro  tema
          permanente  della  caducità  della  gloria  terrena.  C’è  un  precedente  in

          Shakespeare per tale moto altalenante: il saliscendi delle fortune di Riccardo
          II  e  del  suo  rivale  Bolingbroke  (e  qui  dovremmo  evocare  l’immagine  della
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