Page 1263 - Shakespeare - Vol. 4
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se conoscessi tutti quelli che esistono; mai approfittai
della moglie d’un altro, né lessi le calunnie
di spiriti libertini; mai alle grandi feste
cercai d’imbarazzare una bella donna, anzi arrossii
per quei signorini che ci provavano; son stato duro
con gli sbruffoni, e gli ho chiesto con furia
se avessero delle madri − io l’avevo, una donna,
e donne erano quelle che umiliavano. Conoscevo un uomo
di ottanta inverni − questo gli raccontai − che
sposò una ragazza di quattordici. Fu il tuo potere
a metter vita nella polvere; il crampo della vecchiaia
gli aveva messo un piede fuori posto,
la gotta gli aveva saldato le dita in nodi,
atroci spasmi dall’orbite sporgenti
avevan quasi spinto fuori i globi, sì che quanto di vita
era in lui sembrava tormento. Questo scheletro
ebbe dalla sua tenera bella un maschietto, ed io
fui sicuro ch’era suo, perché lei giurava che lo era,
e chi non dovrebbe crederle? Insomma io, con
quelli che parlano di ciò che han fatto, non m’accompagno;
quelli che si vantano e non han fatto nulla, li disprezzo;
quelli che vorrebbero ma non han fortuna, li conforto.
No, io non amo chi divulga segreti intrighi
in modo malizioso, né chi rivela cose da tacere
in linguaggio osceno; così io sono,
e giuro che innamorato mai sospirò
più sincero di me. Perciò, tenerissima, dolce dea,
concedi a me la vittoria di questa contesa, che
sarà giusta ricompensa all’amore schietto, e benedicimi
con un segno del tuo alto favore.
A questo punto si sente della musica e si vedono svolazzare colombe. Essi
si buttano di nuovo bocconi, quindi s’inginocchiano.
O tu che dagli undici ai novanta regni nel cuore umano,
cui il mondo intero è un parco per la caccia
e noi a branchi la tua preda, ti ringrazio
di questo bel segnale, che, impresso
nel mio puro, fedele cuore, fa fiducioso
il mio corpo a questa impresa. Alziamoci