Page 1264 - Shakespeare - Vol. 4
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e inchiniamoci alla dea.
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                               L’ora s’avvicina.
                                                                    Escono Palamone e i suoi cavalieri.



               Musica dolce di flauti. Entra Emilia in bianco, i capelli sciolti sulle spalle e
             una corona di spighe; una in bianco le regge lo strascico, i capelli ornati di
             fiori, una le va davanti portando una cerbiatta d’argento piena d’incenso e
           essenze profumate, che, deposte sull’altare di Diana, e le damigelle alquanto
                     ritiratesi, Emilia accende. Quindi s’inchinano e s’inginocchiano.




              EMILIA
               O sacra, sfuggente, fredda, e costante regina,
               schiva dei bagordi, silente contemplativa,
               dolce, solitaria, bianca quanto casta, e pura
               come neve mossa dal vento, che alle ninfe del seguito

               concedi appena il sangue          104  del rossore,
               che è la tunica del loro ordine; io, tua sacerdotessa,
               qui mi prostro al tuo altare. Oh, degnati
               col tuo leggiadro occhio verde, che mai finora

               contemplò oggetto impuro, di guardare la tua vergine;
               e, sacra argentea signora, presta il tuo orecchio −
               che mai udì termini scurrili, e la cui soglia
               mai oltrepassò suono volgare − alla mia supplica

               pregna di sacro timore. Qui si conclude
               il mio ufficio vestale; son vestita da sposa,
               ma il cuore è verginale; ho un marito assegnato,
               ma non lo conosco. Di due dovrei

               sceglierne uno, e pregare per la sua vittoria, ma io
               sono senza colpa di scelta. Se dei miei occhi
               dovessi perderne uno, a me son cari entrambi,
               non potrei condannarne uno; quello che morisse

               non subirebbe sentenza. Perciò, regina modestissima,
               quello dei due pretendenti che mi ama di più
               e ne ha il diritto più vero, fa’ che lui
               mi tolga la bionda ghirlanda; concedi altrimenti

               che nel grado e dignità da me tenute sinora
               fra le devote tue, io possa continuare.
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