Page 1134 - Shakespeare - Vol. 4
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subito al lavoro i due drammaturghi con una rapida commissione di bottega
che promettesse un successo sicuro. Perché I due nobili cugini ha tutti i nuovi
elementi spettacolari del successo, rilancia i temi dei drammi romanzeschi di
Shakespeare, riprende in chiave di parodia alcuni vecchi temi, ha due firme di
grande prestigio come garanzia e una storia che non poteva non piacere.
I lettori che pazientemente sono arrivati fino a questo punto della
presentazione, ricorderanno forse, se in gioventù han fatto poche ma buone
letture, il capitolo quinto di quella Storia milanese del secolo XVII in cui alcuni
commensali, nobili e borghesi di campagna, son presentati in animata
discussione su questioni di cavalleria, cartelli di sfida, duelli, ambasciate e
precedenze. Se la cavalleria e le sue complicatissime regole di
comportamento riscaldavano tanto i personaggi di un buon romanzo storico
del XIX secolo, in cui l’autore aveva investito tanta seria e solida ricerca,
figuriamoci quanto dovesse ancora animare il pubblico di un teatro londinese
nel vero XVII secolo. Tanto più interessante perché la cavalleria era cosa da
“bei tempi antichi” e da parodia amara e piena di nostalgia; il cavaliere
insomma era già il contemporaneo Don Chisciotte, ma personaggi
cavallereschi come Sir Philip Sidney e l’aneddoto che si tramanda sulla sua
morte in Fiandra commuovevano gl’inglesi, sempre sensibili a episodi di
generosità e magnanimità. Ce n’era più che abbastanza per farne storie
avvincenti.
La fonte del dramma è apertamente ammessa nel prologo, e anche questo
suona come un richiamo, valendosi del nome illustre e prestigioso di Geoffrey
Chaucer. Si tratta del Knight’s Tale , il racconto del cavaliere, il primo dei
racconti di Canterbury che dopo l’andante con brio del Prologue suona come
un solenne, interminabile largo. La storia ha la precedenza sulle altre perché
è narrata dal pellegrino di più alto rango, il nobile cavaliere, che Chaucer e gli
altri pellegrini trattano con tale rispetto e riverente timore che i versi
sembrano perdere mordente. Fonte di Chaucer era stata a sua volta la
Teseida di Boccaccio, un’imitazione umanistica degli epici latini, poema tra i
più prolissi e meno leggibili della nostra letteratura. Trasformandolo in una
storia medievale di cavalleria, amicizia e amore cortese, Chaucer aveva
migliorato di gran lunga la sua fonte. Già nella sua imborghesita e
mercantilizzata Inghilterra era una storia “da bei tempi antichi”. Il cavaliere
tra i pellegrini rappresenta una classe in decadenza, ma la cavalleria era
ancora troppo vicina per essere presa alla leggera. Tre secoli più tardi, alla
storia sempre avvincente, Shakespeare e Fletcher possono aggiungere senza
remore un po’ di tongue-in-cheek, un originale sub-plot e la parodia qua e là