Page 1131 - Shakespeare - Vol. 4
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rappresentazione; anche per questa, tuttavia, ci viene in aiuto il frontespizio
          dell’in-quarto  quando  dice  che  l’opera  fu  rappresentata  al  teatro  dei
          Blackfriars.  La  compagnia  dei  Servitori  del  Re  (The  King’s  Men)  per  cui
          lavoravano  Shakespeare  e  Fletcher,  agiva  allora  in  due  teatri,  il  Globe,

          tradizionale teatro con cortile circolare all’aperto, e il più recente Blackfriars,
          tutto  al  chiuso  e  con  illuminazione  a  torce  e  candele.  Se  il  Globe  non  è
          nominato  dall’editore,  e  di  nuovo  non  c’è  ragione  per  non  prenderlo  alla
          lettera,  è  perché  il  29  giugno  1613  era  andato  a  fuoco  durante  la  prima

          rappresentazione  dell’Enrico VIII,  altra  collaborazione  di  Shakespeare  e
          Fletcher, e non fu ricostruito e agibile prima dell’estate del 1614. Possiamo
          anche presumere che our losses (le nostre perdite) citate dal prologo dei Due
          nobili cugini si riferiscano proprio all’incendio del Globe e al notevole danno

          finanziario subito dalla compagnia, per cui è lecito fissare la data della prima
          dei Cugini al Blackfriars tra l’estate del 1613 e quella del 1614 e la data di
          composizione ad alcuni mesi prima.
          Lo  scriver  drammi  “a  due  mani”  era  una  delle  caratteristiche  dell’età

          elisabettiana.  Abbiamo  numerosi  illustri  esempi  di  collaborazione  come
          Dekker  e  Webster,  Middleton  e  Rowley,  il  famoso  binomio  Beaumont  e
          Fletcher; quindi Massinger e Fletcher e infine Shakespeare e Fletcher. Doveva
          essere  una  tecnica  per  guadagnare  tempo;  pressati  continuamente  dalle

          compagnie, dagli impresari e dal pubblico avido di novità, i drammaturghi si
          mettevano  in team per dividersi il lavoro, produrre più in fretta e forse per
          disciplinarsi, controllarsi a vicenda, stimolarsi e magari anche gareggiare. La
          cosa più curiosa e ammirevole è che i drammi così prodotti siano molto più

          notevoli per l’unità che per la disarmonia o le differenze. Si potrebbe dire che
          questi drammaturghi “collaborazionisti” avessero molta più facilità a imitarsi
          a  vicenda  per  integrare  il  lavoro  di  quanta  felicità  o  infelicità,  successo  o
          insuccesso,  abbiano  oggi  i  filologi  quando  cercano  di  distinguere  la  mano

          dell’uno  da  quella  dell’altro.  Quelli  facevano  insieme  un  vaso,  questi  lo
          rompono  per  dividere  i  cocci  e  catalogarli  secondo  colori,  disegni, patterns
          differenti, ma forse anche incorrendo in errori di numerazione e categoria.
          Shakespeare non era certo un novellino al gioco in coppia quando decise di

          produrre  i Cugini  insieme  a  Fletcher,  perché  diversi  dei  suoi  drammi  sono
          frutto  di  collaborazione.  Per  sapere  quali  e  quanti,  tuttavia,  entriamo  nel
          campo delle congetture e dobbiamo esser grati ai filologi per i loro elenchi di
          cocci,  perché  la  collaborazione,  ammessa  e  apertamente  riconosciuta  dagli

          scrittori  di  teatro,  era  invece  un  po’  trascurata  dagli  editori,  soprattutto
          quando  raccoglievano  opere  complete.  Ho  già  citato  come  il  nome  di
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