Page 926 - Shakespeare - Vol. 3
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hideen  power», V, i, 387-389): ma il dramma finirebbe lì, ed evidentemente
          Shakespeare  non  resistette  alla  tentazione  di  complicate  trame  teatrali,  di
          sicura presa sul pubblico, per portarlo a compimento. Forse volle concentrarsi,
          anche per motivi contingenti, sulla figura stessa del Duca: eccessivo nei suoi

          intrighi,  talvolta  indifferente  o  crudele  verso  i  sofferenti  (massimamente
          Isabella), egli sembra combinare in sé i tratti di un giocoliere e di una (quasi)
          divina provvidenza, del manipolatore e del sovrano sollecito dei suoi sudditi,
          dell’impiccione (come gli rinfaccia non del tutto a torto Lucio) e del regolatore

          di conti − persino d’un redentore.
          Dapprima il Duca travestito giustifica Angelo (III, i, 159 sgg.) e si finge suo
          confessore;  poi  propone  l’espediente  del bed-trick  che  coinvolga  Mariana,
          manifestando  di  conoscere  fin  dall’inizio  l’iniqua  natura  del  Vicario  (allora

          perché sceglierlo per l’esperimento?), il quale si è reso colpevole d’una colpa
          analoga a quella per cui ha condannato Claudio (cfr. anche  IV, i, 70: onde un
          inquietante parallelo che pare stabilirsi fra vittima e carnefice). Quindi il Duca
          si diverte a far la predica a Pompeo Chiappe sull’abominio della corruzione

          (III, ii, 17 sgg.), a subire − e in parte a provocare − le maldicenze di Lucio sul
          proprio conto, e a misurarsi con Escalo facendo sfoggio di frasi sibilline (ivi,
          208-216:  ma  Lucio  e  Escalo,  nell’occasione,  danno  anche  un’immagine  più
          lusinghiera  della  sua  natura  e  del  suo  ruolo,  165-167,  222).  Infine  sciorina

          frasi sentenziose sull’equilibrio necessario al Principe, con il ricorso al metodo
          dell’inganno onorevole: «Craft against vice I must apply» (v. 270).
          In IV, i (scena incongruamente aperta da una canzone) si organizza il trucco
          del letto e in IV, ii ci si sposta nella prigione, con l’introduzione del boia e dei

          suoi accoliti: il Duca difende sempre Angelo (evidentemente a beneficio del
          pubblico,  oltre  che  a  scorno  dei  protagonisti),  benché  la  sua  duplicità  sia
          evidenziata dall’ordine di giustiziare comunque Claudio, e quindi dispone di
          salvare  il  giovane  col  trucco  di  sostituire  alla  sua  la  testa  di  un  altro

          condannato. In IV, iii, si ribadisce che la corruzione è comunque dilagante, e
          si introduce Bernardino, il condannato che caparbiamente si rifiuta di subire la
          pena capitale − quasi un antagonista del Duca (e del principio stesso della
          Legge), con il Duca che arriva a mentire a Isabella sull’avvenuta esecuzione

          del fratello: «To make her heavenly comforts of despair / When it is least
          expected» (vv. 107-108), egli dice, ma la reazione furiosa di Isabella fa capire
          l’enormità  della  bugia,  e  al  tempo  stesso  la  sua  natura  inaspettatamente
          passionale  (cfr.  anche  sotto,  V, i, 118-120). Lucio avrà ragione di chiamarlo

          «the old fantastical duke of dark corners» (153-154), uno che si muove per
          vie buie e nascoste; e infatti il Duca s’inventa di lettere spedite e non spedite,
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