Page 919 - Shakespeare - Vol. 3
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tutta la vicenda si svolge sotto gli occhi di un “Duca assente” che in realtà si
          traveste per seguirne gli sviluppi, e sempre sotto mentite spoglie prende ad
          un  certo  punto  in  mano  la  vicenda  per  condurla  a  buon  fine  (appunto  col
          “trucco  del  letto”).  Questo  motivo  del  regnante  travestito,  che  in  vari  testi

          vien  fatto  risalire  all’imperatore  romano  Severo,  godeva  di  particolare
          interesse fra i trattatisti dell’epoca elisabettiana e giacomiana, e si ritrova in
          vari testi drammatici, fra cui due d’un certo rilievo, The Malcontent (1604) di
          John  Marston  e The  Phoenix  (pubbl.  1607)  di  Thomas  Middleton;

          Shakespeare  stesso  l’aveva  messo  al  centro  di  una  memorabile  scena  alla
          vigilia della battaglia nell’Enrico V.
          Shakespeare intervenne però su questi materiali con forti accentuazioni, che
          marcano  il  carattere  non  solo  potenzialmente  tragico,  ma  irrisolvibile,  sul

          piano  non  meccanicistico,  del  dramma.  Il  suo  condannato,  Claudio,  ha
          “peccato” di comune accordo con una giovane alla quale s’è legato con un
          “pre-contratto”, una forma di fidanzamento solenne (sponsalia de praesenti)
          che all’epoca equivaleva in pratica ad un matrimonio, onde la lievità della sua

          colpa.  Shakespeare  fa  poi  dell’eroina  una  novizia  non  solo  in  procinto  di
          votarsi  alla  castità,  ma  che  aborre  l’esperienza  sessuale  come  il  massimo
          della  “polluzione”,  e  rispetto  ai  prototipi  è  la prima  a  rifiutare  la  proposta
          scellerata. D’altro canto fa del magistrato falsamente integerrimo un puritano

          altrettanto rigoroso, ed ignaro della propria vera natura: nel momento in cui
          in  lui  si  scatena  la  volontà  libidinosa,  ciò  avviene  con  tale  violenza  di
          rovesciamento  inatteso,  che  la  situazione  giunge  ad  un  punto  di  assoluta
          immobilità, di stallo e impasse, dal quale solo l’intervento diretto del Duca

          può far uscire.
          Ne consegue che Shakespeare deve fare di questi non solo una sorta di deus
          absconditus  (com’è  per  sua  natura  il  regnante  travestito)  ma  di deus  ex
          machina che conduca la vicenda in porto, più che a vera soluzione, in una

          maniera  che  sostituisce  il  modo  comico-farsesco  a  quello  potenzialmente
          tragico,  determinando  una  rottura  anche  strutturale  del  dramma,  la  quale
          riflette le profonde divisioni di cui esso si nutre.
          Dicotomie  irrisolte,  tensioni  laceranti  senza  possibile  soluzione,  un  certo

          carico  di  imponderabilità  morale,  l’accentuazione  di  atmosfere  e  situazioni
          sessuali outrées,  certa  cupezza  e  tortuosità  dei  personaggi,  più  che  di  una
          commedia  sono  tipici  di  quei  drammi  che  già  nel  1896  F.S.  Boas  aveva
          de finito problem  plays,  drammi  problematici,  appunto  perché  la

          problematicità dei dilemmi e dei confronti sembra irrisolvibile, anche se poi le
          vicende hanno soluzione “positiva” e il lieto fine. Commedie tenebrose, dark
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