Page 638 - Shakespeare - Vol. 3
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bellezza  curativa,  amore  e  fertilità,  che  suggerisce  un  tipico  punto  di  vista
          protestante,  intonato  al  credo  di  un  pubblico  anglicano.  Ma  il  valore  del
          matrimonio  stesso  come  misteriosa  fonte  di  purificazione  e  rigenerazione,
                                                                       1
          tipico  del  protestantesimo  cinquecentesco,   è  ripetutamente  enfatizzato
          all’interno del dramma; anche questo si è detto a questo proposito: «Il fatto
          che  la  commedia  romantica,  una  forma  drammatica  celebrante  l’amore
          erotico  e  il  matrimonio,  fiorisse  nell’ambito  di  una  nuova  sensibilità  che
          abbracciava  il  matrimonio  sia  come  fondamento  spirituale  della  società  sia

          come  ricettacolo  di  speranza  di  felicità  personale,  suggerisce  fortemente
          l’idea di uno sviluppo parallelo fra la sempre più complessa rappresentazione
          comica  ottimistica  dell’eros  che  seguì  ai  drammi  di  Lily  e  le  più  positive
          concezioni morali dell’amore sessuale e del matrimonio che cominciavano a

          articolarsi nella letteratura di comportamento protestante».                    2
          Sia la guarigione del re che il trucco della sostituzione di Elena a Diana a letto
          (il    famoso bed-trick)  forniscono  una  infrastruttura  mitico-religiosa  per
          l’intreccio di All’s Well: la commedia inizia con morte e malattia, continua con

          l’offerta di una cura per la malattia in cambio di un matrimonio con tutte le
          sue sfumature sacre, e termina con l’apparizione inaspettata in scena di una
          donna incinta già creduta morta. Questa donna − Elena o l’amore in tutti i
          suoi aspetti più luminosi − è l’emblema fisico e spirituale della nuova vita, e

          la sua storia risuona molto al di là dei confini strutturali della commedia e del
          teatro stesso, nella miglior tradizione dell’arte drammatica. Tutto, però, va
          detto, entro confini “altri”, che sono quelli del regno escatologico, con la sua
          reverenza per i misteri e, forse, un timore prudenziale del giudizio universale.

          In questo dramma, insomma, i miracoli devono essere accettati, non capiti.
          Quando,  ad  esempio,  Elena  e  il  re  appaiono  insieme  sulla  scena,  essi
          costituiscono un emblema visivo di quello che Lafew chiama «La mano stessa
          del cielo» (II, iii, 30), ancora operante al tempo di Shakespeare − almeno a

          teatro.  Ma,  a  quel  tempo,  si  andava  manifestando  anche  uno  scetticismo
          corrosivo  della  fede  nei  miracoli,  fatto  su  cui  il  dramma  richiama
          intenzionalmente la nostra attenzione, nelle parole di Lafew a Bertram (II, iii,
          1-6).

          E  questo  è  uno  dei  punti  focali:  l’intreccio  non  è  mosso  che  dalla  pura
          contingenza,  dato  che  è  impossibile  pensare  che  la  provvidenza  vi  abbia
          parte,  richiedendo  una  fede  che  Elena  soprattutto  rifiuta.  Spieghiamo:  il
          nuovo  mondo  dell’etica  protestante  di  politica  e  “prassi”  non  ha  altro

          rappresentante in All’s Well che Elena, ma la complessità “moderna” con cui
          lei  lo  rappresenta  è  più  che  sufficiente  per  colorare  di  sé  l’intero  dramma.
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