Page 385 - Shakespeare - Vol. 3
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intensi e struggenti del finale. La morte come felicità non è solo pessimismo esistenziale, ma anche
dottrina cristiana che indica al giusto virtuoso l’uscita da questa valle di lacrime, o dal mondo
abominevole di Lutero e Calvino. Un’immagine possibile di Amleto è quella religiosa, della religiosità
cupa, fanatica e sinistra del puritanesimo. Anche per i puritani «il delitto maggiore dell’uomo è essere
nato» e la felicità la via d’uscita verso il trascendente. Questa dimensione religiosa sottolineata da
Orazio (vv. 364-5), e che Kitto esalta a messaggio dell’opera, è nel sottomondo di Amleto, e parte
della religiosità di ogni tragedia in quanto implica un rapporto problematico col trascendente. Infine,
non è facile dire cosa significa «il resto è silenzio». Che cosa è il resto, la vita che gli sarebbe rimasta
da vivere, oppure la morte? O il mistero di Amleto, che resta inspiegabile? Amleto come ogni
tragedia di Shakespeare, notava Eliot, è immerso alla fine «nell’inscrutabile, nel buio cimmerio». Il
sigillo alla tragedia («The rest is silence») è più che una lapidaria ultima parola eroica. Implica che
alla domanda di Amleto e a quelle dell’Amleto, non è stata data risposta. Anzi che tutto è stato un
continuo eludere le domande, con una conclusione nel silenzio nel suo significato forte e sacrale,
quello che ricorda Rudolph Otto nel suo studio sul Sacro, e che Auden richiama alla fine del suo Il
mare e lo specchio (The Sea and the Mirror): «Tutto il resto è silenzio / dall’altra parte del muro / e
il silenzio è maturazione / e la maturazione è tutto».