Page 383 - Shakespeare - Vol. 3
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negatività  e  di  morte.  Egli  risparmia  Claudio  solo  per  ucciderlo  due  volte,  nel  corpo  e  nell’anima.
                 Questo  è  un  peccato  repellente  dal  punto  di  vista  cristiano,  e  un  errore  madornale  da  quello
                 machiavellico. Amleto non sa quel che fa e lavora a preparare la propria rovina.
              44 III, iv. Una scena (o scenata) orribile. Polonio è incosciente e inconsapevolmente ironico («Mi zittirò
                 qui  dietro»,  e  il  destino  lo  prenderà  in  parola),  e  il  suo  assassinio,  risultato  di  un  equivoco,  è
                 rivoltante. Repellente è la prepotenza di Amleto nel distruggere simbolicamente la madre. Repellente
                 il suo confronto tirannico e contraddittorio fra le apparenze del padre e dello zio nel suo monologo
                 dei  ritratti.  Sia  il  figlio  che  la  madre  mostrano  un’insensibilità  brutale  nel  continuare  a  lungo  il  loro
                 scontro davanti al cadavere di Polonio, dimenticando quel morto come fosse davvero un topo. Né
                 sono  facilmente  giustificabili  l’abiezione  della  regina,  e  la  certezza  con  cui  Amleto  si  definisce
                 rappresentante della virtù ed esecutore dei disegni divini. La sua dichiarazione, di mirare a un fine
                 giusto che richiede mezzi ingiusti (v. 180) è un concetto machiavellico che nel Novecento ripeterà
                 Brecht, e la storia ha dimostrato quanto sia pericoloso. Di fronte al terrore degli uomini quello dello
                 spettro sbiadisce, e l’uscita di Amleto che rimorchia le trippe di Polonio è il degno coronamento di
                 questa scena disumana e potente, in una tragedia, come è stato detto, di maschi fallici e feroci da
                 cui le donne sono escluse se non come oggetti di desiderio e di possesso.

              45 III, iv, 4. Jenkins espunge il richiamo di Amleto fuori scena, «Mother, mother, mother» (presente
                 nel primo in-quarto e nell’in-folio). Questa e altre esclusioni sono forse discutibili.

              46 IV, scene i, ii, iii. I due avversari, con le loro maschere politiche, si danno ora più strettamente la
                 caccia. Il re fa la prima mossa inviando Amleto in esilio e a morte.

              47 IV, ii, 26-7. Il significato primario è «Il corpo è nella casa del re ma il re non lo sa». L’ambiguità dà
                 luogo a numerose altre interpretazioni.
              48 IV,  ii,  29.  «L’uomo  è  cosa  da  nulla»  (Montaigne, Essays  II,  xii).  «L’uomo  è  come  una  cosa  da
                 nulla» (Salmo 144,4 nella Prayer Book Version).
              49 IV, iv. L’apparizione di Fortebraccio − anche lui difficile da etichettare − indica qui anche l’accorciarsi
                 del tempo concesso ad Amleto. Il giudizio di Amleto sulla guerra polacca è contraddittorio; prima la
                 giudica à  la  Montaigne,  come  un  cancro  del  troppo  benessere,  poi  nel  soliloquio  (avviato  con
                 scoperto artificio) idealizza l’impresa come esempio di grandezza d’animo.
              50 IV,  iv,  32-66.  L’azione  di  Amleto  si  risolve  al  solito  in  parole.  Notare  l’aberrante  attribuzione  alla
                 ragione di ciò che andrebbe assegnato alla passione (la vendetta).
              51 IV, v. È una tragica ironia mettere in bocca a Ofelia, pura supplice e folle così dolce, i suoi canti
                 sensuali.  Essi  potrebbero  indicare  una  caduta  della  censura  cosciente  e  un  emergere  di  elementi
                 repressi, non direi una sua degradazione morale. Molte interpretazioni contrastanti sono state date
                 del simbolismo dei fiori. L’ingresso di Laerte, «quasi la caricatura di un vendicatore» (Jenkins) porta
                 per qualche momento pericolosamente l’opera sull’orlo del melodramma.

              52 IV,  vii,  165-182.  Racconto  della  regina  sulla  morte  di  Ofelia.  In  un’ottima  nota  lunga,  Jenkins
                 osserva che la Regina funziona qui da coro, donde il lirismo della narrazione, che però ha la funzione
                 di rendere problematico il suicidio di Ofelia e velarlo di un alone sacro. Il passo è il culmine altamente
                 fantastico del destino di Ofelia, e ne fa una figura poetica indimenticabile.

              53 IV,  vii,  184-5.  L’inizio  della  battuta  di  Laerte  è  uno  di  quegli  esempi  di  manierismo  allucinato  che
                 spingevano Dryden ad accusare Shakespeare di ossessione metaforica.
              54 V, i. La scena stupenda del cimitero (assente nel primo in-quarto) è uno dei momenti più alti del
                 teatro di tutti i tempi, e del suo tempo è una sintesi. Intesse fittamente, nel suo realismo creaturale
                 (Auerbach), motivi dell’autunno del medioevo (Tötentanz e  trionfo  della  morte,  temi  dell’ubi  sunt,
                 del  tempo,  della  mutabilità,  dell’illusorietà  dei  sensi  e  del  sapere,  del vanitas  vanitatum)  e  motivi
                 rinascimentali  (senso  del  fato,  scetticismo,  motivo  della  follia,  esaltazioni  idealizzanti  dell’uomo  e
                 atteggiamenti  di  sfida  titanica,  humour  e  rimpianto  struggente  della  vita).  La  scena  opera  una
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