Page 1733 - Shakespeare - Vol. 3
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LEAR
Ah! Goneril con la barba bianca! Mi hanno lisciato come un cane e mi hanno
detto che avevo peli bianchi nella barba prima che ci fossero quelli neri. Dire
“sì” e “no” a tutto quello che dicevo. “Sì” e insieme “no” non era buona
teologia. Quando la pioggia è venuta a bagnarmi e il vento a farmi battere i
denti, quando il tuono non ha taciuto al mio comando: allora li ho scoperti,
allora li ho stanati. Via, non sono uomini di parola; mi hanno detto che ero
tutto. È una menzogna. Non sono a prova di febbre.
GLOUCESTER
Il tono di quella voce lo ricordo bene.
Non è il Re?
LEAR
Sì, il Re, ogni pollice un Re.
Se lo fisso, guarda come il suddito trema.
A quell’uomo faccio grazia della vita.
Qual era la sua colpa? L’adulterio?
Non morirai. Morire per adulterio?
No, lo compie lo scricciolo, e la minuscola
mosca dorata pecca di lussuria
alla mia vista. Prosperi la copula!
Il figlio bastardo di Gloucester fu più buono
verso suo padre delle mie figlie generate
tra lenzuola legittime. Avanti, lussuria, in mucchio!
Mi mancano soldati. Guardate quella dama civettuola
il cui viso tra le sue forche fa presagire neve,
che biascica virtù e scuote la testa
nell’udire il nome del piacere − nemmeno
la puzzola e lo stallone ingrassato vi si danno
con appetito più sfrenato del suo. Dalla vita in giù
sono Centauri, anche se sopra sono donne.
Ma la proprietà degli Dei arriva alla cintura:
sotto è tutto del demonio: lì è l’inferno,
lì le tenebre, lì il pozzo
di zolfo − consumazione che brucia,
ferisce, puzza. Via, via, via! puah, puah!
Dammi un’oncia di zibetto, buon farmacista,