Page 1664 - Shakespeare - Vol. 3
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in dispregio dell’uomo, mai lo abbia
               portato più vicino alla bestia. Insozzerò
               il mio viso di sudiciume. Intorno ai fianchi
               metterò stracci, mi arrufferò, come gli elfi,            40  i capelli,

               e affronterò, con scoperta nudità, i venti
               e le persecuzioni del cielo. Il nostro paese
               mi offre la prova e il precedente
               dei mendicanti di Bedlam, che con voce ruggente

               si conficcano nelle braccia nude, insensibili
               e smunte, spilli, scaglie di legno,
               chiodi, rametti di rosmarino, e con questo
               aspetto orrendo per squallide fattorie,

               villaggi fatiscenti, ovili, mulini,
               a volte con discorsi lunatici, a volte
               con preghiere, chiedono la carità:
               “Povero Turlygod!        41  Povero Tom!”

               Questo è ancora qualcosa; io, Edgar,
               non sono niente.
                                                                                                         (Esce.)



                                                    Scena IV         EN



                               (Davanti al castello di Gloucester. Kent in ceppi.)


                                      Entrano Lear, il Matto e un Gentiluomo.



              LEAR
               È strano che se ne siano andati via da casa
               e non mi abbiano rimandato il messaggero.



              GENTILUOMO
               A quel che ho sentito, la notte prima

               non avevano alcuna intenzione di partire.



              KENT
               Salute a voi, nobile padrone!
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