Page 1660 - Shakespeare - Vol. 3
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deve dire la verità. E se l’accettano, bene;
               altrimenti, lui è schietto. Conosco
               questa razza di furfanti, che in questa schiettezza
               nascondono più astuzia e fini più corrotti

               di venti futili damerini cerimoniosi
               tutti intenti a far salamelecchi.



              KENT
               Signore, in buona fede e verità sincera,
               col consenso della vostra somma luce               39

               la cui influenza, come il serto di radioso
               fuoco sulla fronte fiammeggiante di Febo −



              CORNOVAGLIA
               Che vuoi dire, con questo?



              KENT
          Voglio  uscire  da  questo  mio  linguaggio  che  voi  tanto  disapprovate.  Lo  so,
          signore, non sono un adulatore: colui che vi ha ingannato con un linguaggio
          semplice era un semplice furfante. Il che da parte mia non sarò, anche se

          dovessi indurre il vostro sfavore a chiedermi di esserlo.



              CORNOVAGLIA
               Che torto gli hai fatto?



              OSWALD
               Non gliene ho mai fatto nessuno.
               Piacque al Re suo padrone, ultimamente,

               di battermi, per un suo fraintendimento, e lui,
               d’accordo, e per adulare il suo sfavore,
               mi fece da dietro lo sgambetto; mentre
               ero a terra mi insultò, mi offese, fece l’eroe
               guadagnandosi elogi, e la lode del Re,

               per avere aggredito uno già caduto.
               E sullo slancio di questa impresa gigantesca
               di nuovo s’avventò contro di me.
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