Page 1227 - Shakespeare - Vol. 3
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evocatore di false visioni, spettri e simulacri per distruggere. La sua è arte
          diabolica («Divinity of hell!», v. 341): tutti finiranno impaniati nella sua rete
          (v. 358).
          L’Atto III è centrale per lo sviluppo dell’intrigo che si può definire «mirato» (la

          gelosia), e al suo interno centrale, «pivotal», è la terza scena. La seconda è
          di mera transizione, la prima introduce un flebile elemento comico con uno
          dei  peggiori clowns  shakespeariani,  che  in  qualche  modo,  trattandosi  di
          musica  malamente  stonata,  può  preludere  a  quell’untuning  della  mente  e

          dell’armonia interiore di Otello che Iago opera appunto, compiutamente, nella
          scena  terza.  È  la  grande  scena  della  tentazione  o  seduzione  di  Otello.
          Dall’incontro tra Desdemona e Cassio, Iago trae dapprima lo spunto per far
          balenare che qualcosa di strano stia accadendo («Ha, I like not that», III, iii,

          35) e poi, procedendo sempre per negazioni, litoti, interruzioni e sospensioni
          di senso, per insinuare il dubbio e il sospetto. Ancora una volta, Otello appaia
          alla pienezza del suo amore l’idea del possibile caos ricorrente (vv. 92-93).
          Iago  parte  dai  ricordi  (Cassio  che  fu  intermediario  al  corteggiamento),

          riecheggia  volutamente  gli  incipienti,  semiespressi  pensieri  di  Otello,  come
          questi  finisce  per  rinfacciargli  (v.  110),  fa  sì  che  sia  Otello  a  esplicitare
          confusamente quello che lui, Iago, potrebbe avere in mente. La reticenza, gli
          «arresti» e le interruzioni di Iago sono fatti appunto per stimolare dubbi e

          sospetti sull’apparenza e la realtà delle persone. Col suo atteggiamento, Iago
          legittima la legittimità dei sospetti (vv. 140-145) e, negandoli ripetutamente,
          ne  rende  corposa  la  presenza:  il  mostro  dagli  occhi  verdi  della  gelosia  è
          finalmente evocato sotto un fitto sbarramento di disclaimers; invitando Otello

          alla  dolce  serenità  di  chi  non  dubita,  Iago  ottiene  appunto  l’esplosione  del
          dubbio.  Secondo  il  suo  tipo  di  carattere  −  in  questo  antitetico  a  quello  di
          Amleto − Otello non vede stacco fra dubbio e certezza («No, to be once in
          doubt,  /  Is  once  to  be  resolv’d»,  vv.  183-184);  così  Iago  passa  a  essere

          dubbioso  e  negativo  sulla  prova  (v.  200),  rinforzando  comunque  la  sua
          «presa»  con  l’allusione  alla  facilità  delle  donne  veneziane,  il  richiamo
          all’avvertimento-minaccia  di  Brabanzio  (I,  iii,  292-293),  e  l’insistenza  sul
          turbamento di Otello. Qui è Otello a negare l’evidenza, mentre Iago insiste

          sulla  capacità  di  Desdemona  di  dissimulare  l’evidenza  ovvero  di  apparire
          (seeming) diversa, provocando Otello non solo sulle passate «incongruenze»
          di Desdemona, che ha scelto lui fra i tanti pretendenti, ma anche − sempre
          ostentando di negarlo − sul carattere lascivo, innaturale di quella scelta, che

          potrà o dovrà ripetersi (vv. 232-242).
          Qui soprattutto Iago sfoggia capacità verbali e di regista-attore, rientrando in
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