Page 1226 - Shakespeare - Vol. 3
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comico alla tensione (come ammette Desdemona stessa, vv. 122-123), e di
opporre la marcia mentalità di Iago a quella fragilmente elevata degli
antagonisti Cassio e Otello. Al suo arrivo, infatti, Otello tocca la corda
dell’armonia terrestre raggiunta dopo la tempesta (vv. 184-193) con toni di
alata e teatrale retorica (si pensa ancora a Marcantonio nell’Antony and
Cleopatra). In quella pienezza di gioia si insinua già però un timore prolettico
(«for I fear», v. 190) sul futuro dell’ignoto destino, e un subitaneo arresto in
gola (v. 197) che prelude all’arresto della sua futura catalessi ( IV, ii, 35-43, in
funzione antitetica agli stops che Iago userà invece per i suoi subdoli fini). E
infatti Iago è votato a distruggere quell’assoluta e così precaria armonia (II, i,
200) e ha già visualizzato a se stesso, nella «familiarità» di Desdemona con
Cassio, l’elemento per prendere in trappola il luogotenente; e proprio sulla
base della sua visione della donna, nel suo colloquio con Roderigo (vv. 220-
246), Iago ipotizza e afferma come fosse già realtà la progressiva
insoddisfazione e corruzione di Desdemona, che nel suo vero o presunto
rapporto con Cassio offrirà il mezzo per la rovina di tutti. Il secondo soliloquio
di Iago, alla fine della scena (vv. 281-307), costruisce un’ulteriore
motivazione al suo odio: la gelosia sessuale verso Otello a cui rendere la
pariglia (è questo il movente principale, si ricorderà, nella fonte), ma ancora
una volta nel suo farsi e delinearsi, sul piano dell’enunciazione e non
dell’enunciato (A. Serpieri). Il vero volto della perfidia, ancora confusa, si
svelerà solo alla fine.
Il precipitare dell’intrigo esteriore con la degradazione di Cassio in seguito
alla sua rissa da ubriaco (II, iii) mette nuovamente in evidenza il carattere
teatrale e costruito su parametri eroici di Otello (vv. 164-165 e 195-207; un
po’ come Giulio Cesare nel dramma omonimo, egli si vede e si guarda dal di
fuori). Da parte sua, Iago procede invece in modo sfuggente e reticente,
negando costantemente ciò che invece vuole affermare, o affermando ciò che
invece vuole negare, secondo il principio della litote − la figura retorica con la
quale per affermare una cosa si nega il contrario (A. Serpieri). Della disgrazia
di Cassio egli si serve infatti per suscitare la gelosia di Otello (l’insistita
intercessione di Desdemona vien fatta apparire sospetta); ma è soprattutto
nel suo corpo a corpo − anzi, se si potesse dire, nel suo «mente a mente» −
con Otello che Iago esalta l’aspetto maleficamente «artistico», creativo, da
consumato attore, del suo disegno. Nel suo terzo soliloquio (II, iii, 326-358)
egli suggerisce apertamente − e naturalmente, mostrando di negarlo − che
recita un ruolo, il ruolo teatrale del villain: nell’attuazione pratica del piano
sarà regista e attore al tempo stesso, psicologo e perverso psichiatra,