Page 1222 - Shakespeare - Vol. 3
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PREFAZIONE







          Othello  fu  pubblicato  per  la  prima  volta  sei  anni  dopo  la  morte  di

          Shakespeare, nell’in-quarto del 1622; nel 1623 fu incluso nell’edizione in-folio,
          con notevoli differenze e varianti rispetto al testo precedente. Un’annotazione
          nei «Revels’ Accounts» (sulla quale permane però qualche dubbio) indica che

          era  stato  rappresentato  a  corte  dalla  Compagnia  del  Re  (King’s  Men)  nel
          1604.  Questa  indicazione,  le  fonti  secondarie  usate  da  Shakespeare  e  le
          caratteristiche stilistiche lasciano presumere che fosse composto nel 1602-04:
          subito dopo i drammi problematici (dark comedies) e l’Amleto, con il quale si
          notano alcuni echi verbali, e all’inizio della serie delle grandi tragedie − King

          Lear, Macbeth, Antony and Cleopatra.
          Fonte del dramma è la settima novella della terza decade degli Hecatommithi
          (1566) di Giovan Battista Giraldi Cinthio (la stessa raccolta fornì la fonte di

          Measure  for  Measure,  pure  rappresentata  a  corte  nel  1604).  Poiché  non
          sussistono traduzioni inglesi cinquecentesche, Shakespeare dovette usare o
          l’originale italiano, ovvero la traduzione francese di Gabriel Chappuys, uscita
          nel  1584  (con  entrambi  questi  testi  sono  state  riscontrate  possibili
          coincidenze verbali), a meno che non usasse una traduzione inglese andata

          perduta. La raccolta di Cinthio era comunque molto nota in quel tempo. Per i
          particolari «esotici» evocati da Otello − gli Antropofagi, il Ponto Eusino ecc. −
          Shakespeare tenne presente la Naturalis Historia di Plinio nella traduzione di

          Philemon Holland, uscita nel 1601, e per lo sfondo delle guerre turco-venete
          fors’anche la General History of the Turks (1603) di Richard Knolles, dedicata
          al re Giacomo I, che era particolarmente interessato a questo argomento. Per
          l’ambientazione  veneziana,  si  servì  probabilmente  della  traduzione  inglese
          (1599) del De Magistratibus et Republica Venetorum (1543) di G. Contarino.

          La vicenda narrata da Cinthio è seguita nella sua traccia generale, ma con
          notevoli  modifiche.  L’Alfiero  di  Cinthio  è  innamorato  di  Disdemona:
          sospettando una sua tresca con il Capo di Squadra (Cassio), suscita nel Moro

          la gelosia: egli non prova però alcun odio, risentimento o volontà di rivalsa
          verso il Moro, bensì solo nei riguardi della donna. Nel dramma rimane solo
          una traccia della sua attrazione per Desdemona, mentre tutta la sua envy è
          indirizzata  direttamente  su  Otello,  nei  modi  complessi  che  vedremo,  e  che
          sfruttano suggerimenti presenti nella fonte: l’insicurezza del Moro derivante

          dalla  propria  «nerezza»,  il  suo  desiderio  di  voler  vedere  coi  propri  occhi  il
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