Page 970 - Shakespeare - Vol. 2
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Siete la giustizia stessa, e ben considerate.
               Pertanto continuate a portare la spada e la bilancia.
               E io spero che i vostri onori si accrescano
               e che possiate vivere fino a vedere un figlio mio

               offendervi e obbedirvi, come me.
               Così vivrò per ripetere le parole di mio padre:
               “Son fortunato ad avere un uomo tanto ardito
               che osa far giustizia sopra il mio stesso figlio,

               e non meno fortunato, di avere un figlio
               che rimetta la propria grandezza in questo modo
               nelle mani della giustizia”. Voi mi metteste in prigione.
               Per questo io metto nelle vostre mani

               la spada senza macchia che eravate solito portare,
               con questo monito, che voi la usiate
               con lo stesso spirito ardito, giusto e imparziale
               che mostraste con me. Ecco la mia mano.

               Sarete come un padre alla mia giovinezza.
               La mia voce parlerà come suggerirete al mio orecchio,
               e io inchinerò e sottoporrò i miei intenti
               alle vostre indicazioni sagge e esperte.

               Voi principi tutti, credetemi, vi imploro,
               mio padre è sceso selvatico nella fossa              253
               perché nella sua tomba giacciono le mie sregolatezze,
               e con il suo animo io sobrio sopravvivo

               per deludere le aspettative del mondo,
               per smentire le profezie e per cancellare
               la fama malvagia, che mi ha giudicato
               secondo l’apparenza. In me il flusso del sangue

               è scorso fin qui con orgoglio e vanità.
               Ora si volge e rifluisce nel mare,
               dove si mescolerà alla regalità dei flutti
               per scorrere d’ora innanzi con solenne maestà.

               Convochiamo l’alta corte del nostro parlamento.
               E scegliamo membra di saggezza così nobile
               che il grande corpo del nostro stato possa procedere
               a parità con la nazione meglio governata;

               che la guerra o la pace, o entrambe insieme,
               siano cose a noi consuete e familiari,
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