Page 937 - Shakespeare - Vol. 2
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Egualmente a voi, Lord Hastings, e a tutti.
               Mio Lord di York, stavate meglio
               quando il vostro gregge, radunato dalla campana,
               vi circondava per udire con reverenza

               la vostra esposizione del testo sacro,
               di ora che vi vediamo fatto uomo di ferro,
               incitare una turba di ribelli col vostro tamburo,
               volgendo il verbo       214  in spada, la vita in morte.

               L’uomo che siede nel cuore di un monarca
               e matura al sole del suo favore,
               se abusa della protezione di quel re,
               ahimè, quali malanni può suscitare

               all’ombra di tanta grandezza. Per voi, Lord Vescovo,
               è lo stesso. Chi non ha sentito dire
               quanto eravate addentro ai libri di Dio?
               Per noi eravate l’oratore nel suo parlamento,

               per noi la voce immaginata di Dio stesso,
               l’interprete medesimo e il messaggero
               fra la grazia, la santità del Cielo
               e le nostre povere menti. Oh! chi potrà credere

               che voi abusate della reverenza del vostro stato,
               e coinvolgete l’ausilio e la grazia del Cielo,
               come un favorito falso usa il nome del principe,
               in opere disonorevoli? Avete arruolato

               sotto pretesto di zelo per Iddio
               i sudditi del Suo vicario, di mio padre,
               e insieme contro la pace del Cielo e di lui
               li avete qui fatti sollevare.



              ARCIVESCOVO
                               Caro Lord di Lancaster

               non sono qui contro la pace di vostro padre,
               ma, come già dissi al Lord di Westmoreland,
               i tempi disordinati, lo vedono tutti,

               ci premono e costringono a un abito innaturale,
               in difesa della nostra sicurezza. Inviai a vostra grazia
               i dettagli e i particolari delle nostre lagnanze,
               le quali la corte ha respinto con disprezzo:
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