Page 926 - Shakespeare - Vol. 2
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Questi uomini andranno bene, messer Shallow. Dio vi abbia in cura, messer
          Silence;  con  voi  non  userò  molte  parole.  Addio,  miei  due  signori.  Vi  sono
          obbligato. Devo fare dodici miglia prima di notte. Bardolph, dai ai soldati le
          giubbe.



              SHALLOW
          Sir John, Dio vi benedica! Dio renda prospere le vostre imprese! Dio ci mandi

          pace!  Sulla  via  del  ritorno  visitate  la  nostra  casa  per  rinnovare  la  nostra
          amicizia. Chissà che io non venga con voi a corte.



              FALSTAFF
          Davanti a Dio, vorrei proprio che veniste, messer Shallow.



              SHALLOW
          Andate, dicevo per dire.        200  Dio vi conservi.



              FALSTAFF
          Statevi bene, gentiluomini gentili. Escono [i giudici]. Avanti, Bardolph, porta

          via gli uomini. [Escono tutti tranne Falstaff.] Al mio ritorno, voglio fare il pelo
          a questi giudici. Vedo bene il fondo del giudice Shallow. Dio, Dio, come siamo
          soggetti  noi  vecchi  al  vizio  della  menzogna!  Questo  giudice  morto  di  fame
          non  ha  fatto  altro  che  cianciare  delle  pazzie  della  sua  gioventù  e  delle

          prodezze che ha fatto dalle parti di Turnbull Street, e una parola su tre era
          una bugia, data a bere a chi ascolta più regolarmente del tributo del Gran
          Turco. Me lo ricordo al Clement’s Inn, pareva un omino ricavato dopo cena da
          una crosta di formaggio. Da nudo, era tal quale un ravanello a due radici, con

          sopra una testa bislacca tagliata con un coltello. Era tanto minuto che le sue
          forme  a  una  vista  debole  risultavano  invisibili.  Era  lo  spirito  stesso  della
          carestia,  ma  anche  lascivo  come  una  scimmia,  le  puttane  lo  chiamavano
          mandragola.      201    Era  sempre  in  ritardo  sulla  moda,  e  cantava  alle  vecchie

          bagasce  le  canzoni  che  udiva  fischiare  ai  carrettieri,  e  giurava  che  erano
          invenzioni  e  serenate  sue.  E  adesso  questa  sciaboletta  da  Vizio  di
          palcoscenico     202    è  diventato  scudiere,  e  parla  di  Giovanni  il  Magro
          familiarmente come se ne fosse fratello giurato, e scommetto che non l’ha

          mai visto che una volta, al torneo, quando quello gli ruppe la testa per essersi
          intrufolato fra gli uomini del Cerimoniere. Io c’ero, e dissi a Giovanni il Magro
          che picchiava il proprio nome,           203  perché avresti potuto infilare lui e tutta la
          sua roba in una pelle d’anguilla: per lui l’astuccio di un clarino era un palazzo,
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