Page 821 - Shakespeare - Vol. 2
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PREFAZIONE







          L a Parte I  di Enrico IV  lascia  un’impressione  di  vitalità  esuberante,  di

          ardimento individuale (nei personaggi) e creativo (nell’autore). Il Re scende
          in  campo  per  difendere  all’ultimo  sangue  il  trono  strappato  a  Riccardo II
          contro  un  gruppo  di  ribelli  astuti,  coraggiosi  e  fascinosi,  primo  fra  tutti

          l’immaginifico  e  imprevidente  Hotspur.  Il  principe  Hal  se  la  spassa  in
          compagnia  del  burlone  Falstaff,  ma  poi  si  rappacifica  col  padre  e  nella
          battaglia decisiva ne salva la vita e ha parole nobili e affettuose tanto per
          l’antagonista  ucciso  Hotspur  quanto  per  il  vecchio  compagno  di  taverna,
          anch’egli apparentemente ucciso. Ma subito risuscitato: «Imbalsamarmi? Se

          mi  fai  imbalsamare  oggi,  ti  autorizzo  a  salarmi  e  anche  a  mangiarmi
          domani».  Falstaff  è  il  maiale  di  cui  tutti  abbondantemente  mangiamo  nel
          festino dell’Enrico IV, parte prima.

          Tutt’altra  impressione  suscita Enrico IV,  parte  seconda,  dramma  che  della
          Parte I  ha  la  stessa  lunghezza,  quasi  lo  stesso  numero  di  scene,  la  stessa
          struttura (episodi comici alternati a episodi storici) e gli stessi protagonisti:
          Falstaff, Principe e Re (Hotspur purtroppo non c’è più, anche se tre scene lo
          ricordano vividamente). Nella Parte I avevamo due giovani guerrieri avversari

          e  dei  modelli  alternativi  di  padre,  da  una  parte  il  Re  e  i  Percy,  dall’altra
          Falstaff:  padri  ancora  validi,  impegnati  sul  campo  della  battaglia  o  della
          rapina (è la stessa cosa), capaci di correre di buona lena («Falstaff suda da

          morire, e concima la terra magra su cui passa»). Nella Parte II rimane un solo
          protagonista giovane, Hal (il fratello John ne è solo la brutta copia), assente
          dal campo di battaglia, e comunque non c’è più battaglia a viso aperto, solo
          una trappola di parole e false promesse. I padri da vitali si son fatti decrepiti,
          si muovono su grucce (I, i) e in vestaglia (III, i), o si preoccupano, come nella

          prima battuta di Falstaff, di come il medico giudica la loro urina ( I, ii). I padri
          muoiono discretamente fuori scena: il Re e Northumberland effettivamente e
          quasi contemporaneamente (IV, iv-v), Falstaff psicologicamente, dopo essere

          stato  cacciato  a  male  parole  dal  nuovo  Re  suo  pupillo,  anche  se  l’Epilogo
          promette che lo rivedremo in scena: ma la descrizione della sua dipartita in
          Henry V  (II,  iii),  avvenuta  «fra  le  dodici  e  l’una,  al  volgere  della  marea»,
          conferma  la  nostra  impressione  che  questa  volta,  diversamente  che  a
          Shrewsbury,  egli  non  resusciterà.  Come  se  non  bastasse,  Shakespeare  ha

          introdotto  accanto  a  questi  tre  padri  col  piede  nella  fossa  due  nuovi
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