Page 794 - Shakespeare - Vol. 2
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corso,  vennero  in  soccorso  ai  Percy  e  portarono  nuove  forze  agli  uomini
          stanchi. Il Re, vedendo i suoi in difficoltà a causa dell’attacco violento degli
          scozzesi e le tempeste di frecce che i nemici scagliavano contro lui e la sua
          gente, non ci fu bisogno di dirgli di muoversi: subito, con un nuovo attacco, si

          unì ai suoi e diede loro man forte, così che la battaglia riprese più forte di
          prima. Qui Lord Henry Percy e il Conte di Douglas, capitano forte e robusto,
          senza badare alle frecce della parte del Re [the shot of the King’s battle, cfr.
          V,  iii,  30]  né  l’ordine  serrato  delle  sue  file,  spingendosi  avanti  insieme

          impiegarono ogni forza contro la persona del Re, venendogli sopra con lance
          e spade così tremendamente che lo scozzese Conte di March, vedendo le loro
          intenzioni, ritirò il Re da quella parte del campo (come alcuni scrivono) per
          suo  beneficio  e  salvezza  (come  si  vide),  poiché  attaccarono  tanto

          violentemente quelli che stavano intorno all’insegna del Re, che, uccidendo il
          suo portainsegna, Sir Walter Blunt, e facendo cadere l’insegna, fecero strage
          di tutti quelli che erano intorno, fra cui il Conte di Stafford [...] e molti altri.
          Il Principe quel giorno aiutò il padre come un giovane valoroso: per quanto

          fosse ferito al viso con una freccia, così che molti nobili lo avrebbero voluto
          accompagnare  fuori  dal  campo,  tuttavia  egli  non  acconsentì  che  così
          facessero,  per  evitare  che  la  sua  partenza  dai  suoi  uomini  li  facesse
          impaurire; e così, senza badare alla ferita, continuò con i suoi e non cessò di

          combattere dove più infuriava la battaglia e di incoraggiare gli uomini dove
          più necessario [V, iv, 1-13]. Questa battaglia durò tre lunghe ore ( V, iv, 145!]
          con  fortuna  alterna  delle  due  parti,  finché  in  ultimo  il  Re,  gridando  San
          Giorgio  vittoria,  ruppe  le  file  dei  nemici  e  si  avventurò  tanto  lontano  che

          (scrivono taluni) il Conte di Douglas lo abbatté e nello stesso istante uccise
          Sir Walter Blunt e tre altri vestiti negli abiti e nelle vesti del Re, dicendo: «Mi
          meraviglio  di  vedere  tanti  re  sorgere  così  improvvisamente  uno  sul  collo
          dell’altro» [V, iv, 24-37]. Il Re invero si rialzò e compì quel giorno molte nobili

          imprese  d’armi,  poiché  è  scritto  che  uccise  quel  giorno  con  le  sue  mani
          trentasei  nemici.  Gli  altri  della  sua  parte,  incoraggiati  dalle  sue  azioni,
          combatterono valorosamente e uccisero Lord Percy, detto Sir Henry Hotspur
          [V, iv, 58ss]. Per concludere, i nemici del Re furono sconfitti e messi in fuga,

          nella quale fuga il Conte di Douglas, per la fretta, cadendo dal crinale di un
          alto monte, ruppe uno dei suoi testicoli e fu preso e, per il suo valore, liberato
          generosamente dal Re [V, v, 17-33]. [...] Morirono dalla parte del Re 1600
          uomini, e 4000 furono feriti gravemente. Dalla parte avversa furono uccisi,

          oltre  a  Lord  Percy,  la  maggior  parte  dei  cavalieri  e  signori  della  contea  di
          Chester, in numero di duecento, oltre a possidenti e fanti: in tutto morirono di
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