Page 617 - Shakespeare - Vol. 2
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FALSTAFF
Be’, Hal, come è vero che sei comunque un uomo, sai che io il coraggio ce
l’ho, ma siccome sei principe, ti temo come temo il ruggito del cucciolo di
leone.
PRINCIPE
E perché non come il leone?
FALSTAFF
Il re stesso va temuto come il leone. Pensi che ho paura di te come di tuo
padre? No, se è così, prego Dio mi si rompa la cintura.
PRINCIPE
Ah, se così fosse, le trippe ti penzolerebbero fino alle ginocchia! Ma, furfante,
in quel tuo petto non c’è posto per nessuna verità, fedeltà e onestà. È tutto
pieno di budella e diaframma. Accusi una donna onesta di averti svuotato le
tasche? Figlio di puttana, mascalzone impudente e gonfiato, nei calzoni non
avevi altro che conti di taverna, note di bordelli, e una zolletta di zucchero
per darti fiato: se nelle tue tasche c’era dell’altra roba oltre a queste
vergogne, sono un poco di buono. Eppure insisti: non intaschi il tuo torto. Non
ti vergogni?
FALSTAFF
Mi senti, Hal? Sai che nello stato d’innocenza Adamo cadde, e cosa dovrebbe
fare il povero Jack Falstaff in questi tempi infami? Vedi bene che ho più carne
degli altri uomini, e perciò più debolezze. Dunque lo confessi, di avermi
alleggerito le tasche?
PRINCIPE
Così appare da quanto ho detto.
FALSTAFF
Ostessa, ti perdono. Va’ e prepara in fretta la colazione. Ama tuo marito,
bada ai tuoi servi, tratta bene i tuoi ospiti. Mi troverai pronto ad ascoltare
ogni ragione onesta. Vedi che sono sempre pronto a far la pace. No, no, ora
vai.
Esce l’ostessa.