Page 257 - Shakespeare - Vol. 2
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187 V, iii, 8 Re Giovanni morì di fatto a Newark Castle. Qui Shakespeare scambia Swinstead con
Swineshead, dove c’era un’abbazia cistercense; l’errore appare già in alcune fonti, e questo ha
permesso a Honigmann di dimostrare come per questo passo Shakespeare si sia rifatto a The Acts
and Monuments di Fox.
188 V, iii, 11 Goodwin Sands: sulla costa del Kent. Sono menzionate come luogo pericoloso anche nel
Mercante di Venezia, III, i, 4-5.
189 V, iv, 4 divel: cfr. II, i, 567; in spite of spite compare anche in Enrico VI, parte terza, II, iii, 5.
190 V, iv, didascalia dopo il v. 6 Melun: questo personaggio era stato menzionato anche in IV, iii, 15
come latore di una lettera di Pandolfo. In v, ii, compare in scena, pur senza battute. La sua
presenza in questa scena, garantita nella sua verità storica da Holinshed, serve a introdurre il colpo
di scena finale, che porta al riunirsi delle forze inglesi a prescindere dal sovrano e trova il suo culmine
retorico-drammatico nel v. 42.
191 V, iv, 12 discarded: il primo significato è quello di ‘rigettato’, ‘messo in disparte’, ma dopo l’immagine
del filo e della cruna nel verso precedente, è più probabile che si continui la metafora ‘tessile’, col
significato tecnico di ‘non cardata’.
192 V, iv, 25 L’allusione è alle pratiche di stregoneria del maleficio per simpatia.
193 V, v, 2 L’uso del raro welkin per ‘cielo’ era già comparso in V, ii, 172.
194 V, v, 7 Abbiamo tradotto con «gloriose» per cercare un vocabolo capace di tenere insieme tutte e
due le connotazioni di tott’ring, che vale sia per ‘ondeggiante, sventolante’, sia per ‘rattoppate,
stracciate’.
195 V, vi, didascalia Scrive R. Berry: «La sesta scena dell’atto V è... una specie d’oscurità prima
dell’alba: Hubert e il Bastardo, che si scambiano sussurrando i loro richiami nel buio, non solo ci
informano di ciò che è accaduto, ma fissano un momento di tempo sommerso in cui la futura
speranza nasce. È puro teatro simbolista» (p. 35).
196 V, vi, 20 Le connotazioni della notte, in questo dramma, sono tutte al negativo: si veda anche III,
iii, 37-39 e V, iv, 33.
197 V, vi, 23 È stato spesso sostenuto che la notizia dell’avvelenamento di Re Giovanni, data così di
sfuggita e senza spiegazioni più dettagliate, tanto da riuscire quasi incomprensibile a chi non conosca
già la storia (perché il re deve essere avvelenato da un monaco proprio quando si è rappacificato
col papato?), testimoni della fretta di concludere di Shakespeare, incapace di trovare una soluzione
adeguata allo scioglimento dei veri temi sollevati: fra i critici “insoddisfatti” del finale ricordiamo
E.M.W. Tillyard (1962, p. 215) e R. Ornstein (1972, p. 84). Si potrebbe obbiettare che la velocità
della conclusione, che è innegabile, corrisponda però all’intenzione di rafforzare il senso di perplessità
che il veloce declino della figura regale comporta, e che sarà il vero tema risuonante nell’ultima
scena: «What surety of the world, what hope, what stay, / When this was now a king, and now is
clay?» (V, vii, 68-69).
198 V, vi, 37-38 Cfr. Genesi IV, 13; Prima ai Corinzi X, 13.
199 V, vii, 26 indigest: è di derivazione ovidiana («quem dixere chaos rudis indigestaque moles»,
Metamorfosi, I, 7). Indigest in Shakespeare compare solo nei sonetti (114), mentre altrove viene
usato nella forma participiale indigested (Enrico VI, parte seconda, V, i, 155; Enrico VI, parte terza,
V, vi, 517).
200 V, vii, 28 E. Schanzer ha mostrato come tutto l’ultimo discorso di Re Giovanni riecheggi quello
dell’Ercole avvelenato nell’Hercules Oetaeus di Seneca.
201 V, vii, 34-35 Lo stesso gioco di parole fares/fare compare in Amleto, III, ii, 97-100.
202 V, vii, 42 cold comfort: è un altro gioco di parole Giovanni vuole qualcosa di fresco (cold), ma