Page 1865 - Shakespeare - Vol. 2
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E perché mai, lasciando la tua divinità,
guerreggi col mio cuore senza averne pietà?
Hai mai sentito tale tracotanza?
Quando che occhi umani mi facevan la corte,
io non v’ho mai sentito pericolo di sorta.
Insomma mi scambia per una bestia.
Se l’astio d’una tua fulgida occhiata
è capace di darmi una tale sbandata,
me lassa, ahimè! Quale tremendo effetto
avrebbero i tuoi sguardi in più gentile aspetto?
Mentre che m’insultavi, io t’adorai;
le tue preghiere, dunque, che effetto avrebber mai?
Ma chi ti dà notizia di questo mio tormento,
non sospetta per nulla tutto il mio struggimento.
Affida dunque a lui le tue intenzioni,
dimmi se la tua età e le tue condizioni
accetteranno questa offerta mia fedele
di me stessa e di quanto m’appartiene,
ma se per mezzo suo l’amor tuo non ho in sorte
è meglio che decida come darmi la morte.
SILVIO
E questi li chiamate rimproveri?
CELIA
Ahimè povero pastore!
ROSALINDA
Ma come, me lo compiangi? No, non lo merita. Com’è che puoi amare una
donna così? Ma come! Ti vuole ridurre ad uno strumento da cui ricavare note
false. È intollerabile! Torna da lei, su, visto che l’amore t’ha fatto una serpe
addomesticata, e dille così: se mi ama, le ordino di amarti. Sennò, non la
vorrò mai tranne che tu non le faccia da ruffiano. Se veramente la ami, fila e
non aggiunger verbo perché qui viene gente.
Esce Silvio.
Entra Oliver.