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sua fonte principale, la Rosalynde di Thomas Lodge. La narrativa egli la usa
indirettamente e di scorcio, come impalcatura per reggere quel minimo di
azione esterna che c’è nel play, e sempre con sprezzatura, quasi come una
cornice e un contrasto alla sospesa atmosfera pastorale. Ciò su cui punta
tutto, ciò che trasporta lo spirito dell’opera, è il dialogo, la sua scrittura
vocale e gestuale, l’armonia che risulta dai duetti, dai terzetti, dall’incrociarsi
e alternarsi e sovrapporsi dei vari strumenti-personaggi: sia che la si legga
sia che la si ascolti e veda a teatro, Come vi piace è anzitutto una
meravigliosa partitura di parole, e per questo è quanto mai difficile offrirne il
«falso» della traduzione.
Si sa che nello spirito della pastorale erano l’insoddisfazione e la critica per un
vivere costretto negli agglomerati cortesi e urbani, l’idealizzazione
dell’innocenza radicale dell’uomo e d’una vita beata in armonia con i grandi
ritmi della natura che l’uomo sente già di aver perduti, e d’altra parte il
desiderio di una vita isolata e limitata nella coscienza dei limiti imposti
comunque a ogni forma di esistenza (W. Empson). E Shakespeare fa suonare
questi temi soprattutto all’inizio dell’opera, presentandoci il presente
abominevole (odio di un fratello per l’altro, sopraffazione e violenza, avidità
di denaro e potere, gente cacciata in esilio) quasi come preludio dissonante
della musica che comincerà veramente non appena si mette piede nei boschi
di Arden. Innocenza e felicità erano nella radice psicologica dell’istanza
pastorale. Da Dafni e Cloe al Racconto d’inverno, scrive Renato Poggioli, «il
compito dell’immaginazione pastorale è di superare il conflitto tra passione e
rimorso, di riconciliare innocenza e felicità, di esaltare il principio di piacere a
spese del principio di realtà». Per questo le storie d’amore sono intrinseche
alla pastorale: l’infelicità è anzitutto amore non corrisposto, e la felicità è il
fervido tramutarsi della castità in soddisfazione sessuale. Shakespeare ci
mostra gli effetti meravigliosi dell’amore ma ne prende anche ironicamente le
distanze e ci dice anche, quasi a mo’ di Beckett, com’è veramente. Anche nei
boschi di Arden, come poi nella Pastorella fedele di John Fletcher (1610), la
realtà si urta col principio del piacere. L’infelicità è inevitabile per l’uomo in
tutte le latitudini, e lo sa bene il vecchio Duca, bellissimo personaggio
schizzato in pochi tratti come da un gran pittore, così affascinante che George
Sand se ne innamorò e nel suo adattamento dell’opera lo volle ricompensare
alla fine con la mano della nipote Celia. Per usare parole esemplari di Camus,
il duca potrebbe dire che la sua serenità è basata su una solida disperazione,
o su una solida disperanza. Egli non dimentica mai che nella pace più
profonda dei boschi di Arcadia giace il teschio con la scritta «Et in Arcadia