Page 1757 - Shakespeare - Vol. 2
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per  circa  quattro  quinti  la  scena  è  la  foresta  di  Arden,  luogo  deputato  che
          dell’Arcadia ha la vaga astrattezza, l’esoticità, i personaggi pastorali, anche
          se nella variante di Shakespeare le arcadiche Ardenne fantastiche acquistano
          il sapore inglese dei boschi e dei villaggetti e della campagna attorno alla sua

          natia  Stratford-upon-Avon.  Dell’Arcadia  rinascimentale  e  dei  suoi  modelli
          classici la scena di Arden ha l’istanza movente, il desiderio di contrapporre
          alla vita sociale coi suoi lati abominevoli una vita migliore, più «ecologica», a
          contatto con la Natura fonte di innocenza e di genuinità, sede di uomini non

          corrotti che vivono ancora «ne l’uso de le antiche genti» (Tasso), o secondo
          «le antiche consuetudini», come dice il nobile Duca in esilio dalla sua corte
          francese. Dell’Arcadia poetica, Arden ha anche le contraddizioni e i conflitti
          che  sono  della  condizione  umana,  e  il  desiderio  di  libertà  dalle  catene

          mentali,  e  l’amoralismo  che  il  povero  Tasso  fa  suonare  nel  primo  coro
          dell’Aminta alla «bella età dell’Oro», il desiderio di liberarsi da «quel vano /
          nome  senza  soggetto,  /  quell’idolo  d’errori,  idol  d’inganno,  /  quel  che  dal
          volgo insano, / onor poscia fu detto, / che di nostra natura il feo tiranno».

          Questo  amoralismo  è  certo,  con  buona  pace  dei  critici  inglesi,  nei  gioiosi
          personaggi  di Come vi piace,  se  non  nel  solitario  scettico  Jaques  certo  nel
          clown  Touchstone  e  nel  buon  Duca,  e  persino  nel  pudibondo  e  forzuto
          Orlando,  e  certo  nelle  principessine,  la  salace  Celia  e  l’arguta  e  sensuale

          Rosalinda, e nei canti e nei dialoghi nei quali Shakespeare versa volentieri,
          anche  se  qui  per  lo  più  lievemente,  quell’elemento  dell’«osceno»  che  egli
          sottrae dagli intrecci per metterlo nel linguaggio.
          Già nella produzione pastorale, come si diffondeva dall’Italia nell’Europa nel

          Cinquecento  investendo  vari  «generi»,  con  la  sua  scena  e  i  suoi  dialoghi
          adatti a essere drammatizzati negli spettacoli di corte e poi nei teatri, ma con
          i  suoi  schemi,  la  sua  staticità,  la  sua  natura  aristocratica,  i  suoi  canti  più
          adeguati  all’opera  che  al  dramma,  c’erano  i  principi  del  conflitto  teatrale.

          Tutto  si  regge  su  opposizioni  binarie:  corte  e  campagna,  cultura  e  natura,
          corruzione e innocenza, vita stressante e pace, esuli raffinati e nativi rustici,
          oltre  all’eterno  conflitto  dell’amore.  Shakespeare  esaspera  i  conflitti,  e  ne
          aggiunge,  e  fa  delle  sue  «commedie  del  mondo  verde»  piuttosto  ironiche

          parodie del mondo pastorale di un’Aminta o di un Pastor fido. La vivacità che
          mancava al genere alcuni autori la trovarono nella commistione dell’ecloga
          con la narrativa, come la si trova nell’Arcadia  di  Sannazaro,  nella Diana  di
          Montemayor, nell’Arcadia di Sidney, e anche nei poemi di Tasso e di Spenser,

          o  in  drammi  come Il racconto d’inverno  e  la Tempesta. Shakespeare aveva
          trovato sia la narrazione che gli serviva sia l’idea dei dialoghi brillanti nella
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