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dell’estate”, ma anche “dal basso”), per poi spostare i concetti di penetrazione e violazione sulle
“città inviolate” su cui egli ha fretta di mettere le mani.
167 Epilogo L’epilogo non ha altra funzione che quella di stabilire un collegamento con la prima, in ordine
di composizione, delle due tetralogie storiche: quella che inizia con le esequie di Enrico V, in 1-Enrico
VI, e termina con la morte di Riccardo III sul campo di Bosworth, coprendo il periodo 1422-1485. Al
sonetto è possibile attribuire una funzione amaramente ironica. Col senno del poi, possiamo dire che
Agincourt ha aperto la strada a un ulteriore, rovinoso coinvolgimento inglese in terra di Francia,
culminato con la perdita di ogni conquista; mentre le nozze con Caterina riaprono il vaso di Pandora
delle reggenze e dei conflitti dinastici. Che è come dire che Francia e Inghilterra non sono fatte per
intendersi, e che la Francia è meglio perderla che trovarla (idea politicamente ortodossa al tempo di
Elisabetta).
Il Dover Wilson immagina che “l’umile autore” (our bending author) compaia in prima persona a
ricevere gli applausi della platea (to bend vuol dire “inchinarsi”). A recitare il Coro (223 versi: un ruolo
secondo solo a quello del Re) potrebbe essere lo stesso Shakespeare, autore, produttore, attore,
regista − insomma, l’anima della compagnia. Le reiterate affermazioni di inadeguatezza (se ne
contano 25, negli interventi del Coro) − atto di cortesia comunque dovuto − costituiscono
l’ammissione dei limiti del mezzo teatrale, ma anche un atto di fede nel mezzo in questione.
Senonché il Prologo di Troilo e Cressida negherà di identificarsi con «la penna dell’autore o la voce
dell’attore». To bend vuol dire anche “piegarsi”: più che un cortese inchino finale è lecito ravvisare
nel bending author l’ammissione che anche l’autore deve piegarsi alle esigenze e alle convenzioni che
il teatro gli impone.