Page 1749 - Shakespeare - Vol. 2
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personaggio senza volto − porta nuovi dettagli al quadro dei poor condemnèd English già disegnato
                 dal Coro, in una identica cifra stilistica. Anche l’appello di pace del Duca di Borgogna, nell’ultimo atto,
                 non farà che riprendere la funzione del Coro.
            121 IV,  iii  Gary  Taylor  sostituisce  Bedford  con Clarence,  e Westmoreland  (che  storicamente  non  è
                 presente ad Agincourt) con Warwick. Questo prepara al ruolo di Warwick nelle scene vii e viii, e alla
                 menzione  d’onore  che  il  Re  gli  riserva  in  questa  stessa  scena. Salisbury  è  Thomas  Montacute
                 (1388-1428),  uno  dei  più  abili  e  popolari  comandanti  della  Guerra  dei  Cent’Anni,  la  cui  morte
                 all’assedio di Orléans è rievocata in 1-Enrico VI.
            122 IV, iii, 4 In Holinshed il rapporto è di sei a uno: le forze inglesi ammonterebbero quindi a 10-12.000
                 uomini.  Secondo  le Gesta gli inglesi non superavano le 10.000 unità (ma Enrico, nel dramma, li fa
                 bruscamente  scendere  a  5000).  Lo  storico  J.H.  Wylie  ha  calcolato  in  6320  il  numero  dei
                 combattenti.

            123 IV,  iii,  27  Affermazione  rivelatrice  del  carattere  di  Enrico,  che  non  si  fa  portavoce  di  un  concetto
                 ormai sorpassato di “onore” e di “gloria” come lo era stato il suo rivale Hotspur in 1-Enrico IV. Egli è
                 capace,  al  contrario  di  Hotspur,  di  spartire  il  suo  onore  con  altri  −  gli  happy  few,  i  pochi  eletti  a
                 un’impresa  che  si  preannuncia  disperata;  e  di  concepire  l’onore  come  un  fatto  collettivo,  che
                 trascende ogni barriera di classe. Egli aspira, naturalmente, alla gloria, e lo afferma con una sorta di
                 gioiosa  impudenza:  ma  alla  sostanza,  non  al  fasto  o  agli  orpelli  della  gloria.  La  stessa  retorica
                 dell’onore (O, do not wish one more!) si esprime in forma non convenzionale perché giocosa; e anti-
                 retorico è anche il suo trascinante patriottismo, che tocca note intime, domestiche, familiari (la labile
                 memoria dei vecchi, le vanterie dei reduci, i racconti e i ricordi, i boccali colmi). È un’Inghilterra vista
                 e sentita come una grande famiglia: e varrebbe la pena di rileggere quanto a suo tempo scrisse
                 George Orwell in un celebre saggio del 1940, England Your England, poiché tutto ciò è molto inglese:
                 a cominciare dalla tendenza della musa d’Albione, dalla battaglia di Maldon alla carica dei Seicento, a
                 celebrare la lotta impari se non la sconfitta; e la tendenza della nazione a ritrovare la sua unità e
                 dare il meglio di sé in condizioni estreme. Anche in Enrico V, nelle scene di guerra − frammentarie,
                 confuse,  movimentate  come  la  guerra  stessa  −  i  momenti  più  alti  sono  toccati  nell’illustrare  la
                 tragica inferiorità delle forze inglesi.
            124 IV,  iii,  40  Il  25  ottobre,  giorno  festivo  nel  calendario  elisabettiano.  I  fratelli  Crispino  e  Crispiano,
                 martirizzati a Soissons nel 287, al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, sono i santi patroni dei
                 calzolai.
            125 IV,  iii,  54 Talbot  è  John  Talbot  (1384-1453),  primo  Conte  di  Shrewsbury,  protagonista  della  fase
                 finale  della  Guerra  dei  Cent’Anni,  caduto  all’assedio  di  Castillon.  Celebre  per  la  sua  temerarietà,
                 Shakespeare ne fa l’eroe di 1-Enrico VI.
            126 IV, iii, 80 Nella realtà storica fu Enrico che, vista la situazione insostenibile, aveva cercato di venire a
                 patti: ma ogni proposta di tregua era stata respinta.
            127 IV,  iii,  107 in  relapse  of  mortality  (“nella  loro  mortale  ricaduta”)  si  è  tradotto  con  “disfacendosi”,
                 optando  per  una  resa  del  senso  di  decomposizione,  dominante  nei  versi  che  precedono.  C’è
                 un’involontaria  profezia  nelle  «nuove  traiettorie  calamitose»  promesse  dal  Re:  ché  la  vittoria  di
                 Agincourt inizierà un secolo di peste per l’Inghilterra, più ancora che per la Francia.
            128 IV,  iii,  109  Gli  inglesi  si  considerano  onesti  professionisti  della  guerra,  con  un  ingrato  compito  da
                 svolgere (non a caso work è anche l’azione sul campo di battaglia); i francesi vedono nella guerra
                 un  esaltante pageant  cavalleresco.  Realismo  e  assenza  di  retorica  inglesi,  opposti  alla grandeur
                 francese e alle sue esibizioni. Lo “strenuo marciare sotto la pioggia” trova conferma nelle fonti di
                 Shakespeare,  e  anche  le  fonti  francesi  dicono  che  il  campo  di  Agincourt  fu  reso  fangoso  da  una
                 settimana di pioggia.
            129 IV, iii, 117 Enrico allude, con humour soldatesco, ai trapassati che, secondo la Rivelazione, saliranno
                 al cielo rivestiti di bianco.
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