Page 1741 - Shakespeare - Vol. 2
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c’è molto da discutere, ma è certo che l’Ostessa ci dà, di questa morte annunciata, un resoconto
                 memorabile.
                 Nello scherzoso epilogo di 2-Enrico IV Shakespeare si congeda con la promessa d’intrattenere il suo
                 pubblico con ulteriori avventure di Sir John in terra di Francia: «dove, a quanto ne so, Falstaff morirà
                 d’un febbrone, a meno che non l’abbiate già ucciso voi con le vostre critiche». Il poeta non potrà
                 mantenere che in minima parte la sua promessa, poiché non è possibile immaginare un’evoluzione
                 plausibile del rapporto fra il giovane sovrano e il suo passato mentore. L’incanutito Falstaff non può
                 cambiare  natura,  e  un  Falstaff  ravveduto  non  piacerebbe  a  nessuno.  Un  personaggio  così
                 ingombrante avrebbe distratto l’attenzione e il favore del pubblico dalla figura del sovrano, che deve
                 dominare incontrastata la scena; e minacciato l’unità strutturale del dramma, saldamente costruito
                 attorno a un protagonista unico: ricreando così le incertezze di 2-Enrico IV,  curioso  compromesso
                 fra  dramma  storico  e  commedia  borghese  (commedia  essa  stessa  priva  di  un  nucleo  centrale,
                 divisa com’è fra città e campagna). E se Falstaff deve morire, meglio farlo morire a dramma da
                 poco iniziato, in terra inglese, così che il Re, nello sbarcare in Francia, può veramente guardare dritto
                 davanti a sé, senza nostalgie retrospettive per il mondo perduto della giovinezza.
              48 II, iii, 10 Ennesima papera dell’Ostessa, che confonde Abramo con Re Artù. “Volare in grembo ad
                 Abramo”, nel mondo anglosassone e protestante, equivale a “morire cristianamente”; ma è anche
                 vero che esiste un Elisio arturiano (la mitica isola di Avalon).
              49 II, iii, 13 In armonia con l’antica credenza secondo cui la morte arriva con il riflusso della marea.
                 Anche gli altri sintomi di morte imminenti son quelli classici della trattatistica medica corrente.
                 L’immortale battuta a’ babbled of green fields ha dato molto filo da torcere alla critica testuale. Il F
                 ha a table: l’idea più ovvia è quella di una penna affilata su un tavolo verde (che il volto del morente
                 si sia fatto verdognolo?). L’emendamento più universalmente accettato porta da table  a babeld  a
                 babbled. Le “verdi praterie” di cui balbetta il povero Falstaff (pensiamo ai pascoli del Cielo del Salmo
                 23)  sono  «in  carattere  col  Falstaff  che  citava  le  scritture,  udiva  i  rintocchi  della  mezzanotte,  e
                 perdeva la voce a cantare inni sacri» (J.H. Walter). Se il personaggio − un concentrato di appetiti
                 profani − non è insensibile alle suggestioni della fede, questo suo annullarsi tra verdi praterie (non
                 necessariamente i pascoli del Cielo) suona come l’estremo addio alla libertà della natura di un uomo
                 irriducibilmente “naturale” e istintivo.
              50 II,  iii,  25  Nel  freddo  che  gradualmente  pietrifica  il  gran  corpo  di  Falstaff  ritroviamo  qualcosa  della
                 dignità della morte di Socrate, anch’egli maestro di vita − seppure di vita razionale, improntata a
                 una coerenza di segno opposto. È forse il caso di dire che gli estremi si toccano. Anche Falstaff ha i
                 suoi  discepoli:  sono  costoro  a  ricordarci,  nelle  battute  seguenti,  le  debolezze  dell’uomo,  su  cui
                 l’Ostessa si sforza di stendere un velo pietoso.
              51 II, iii, 37 “Le ha tirate in ballo” rende solo una delle implicazioni di handle. L’altra è: “È vero, in un
                 certo senso lui con le donne si dava parecchio da fare”.  Rheumatic (probabile papera per lunatic =
                 “folle”, “delirante”) vuol dire “catarroso”, “febbricitante”, “reumatizzato”, ma si pronuncia come se
                 fosse Romeatic, e si è reso con “romatico”, cioè ossessionato dal pensiero di Roma e della Puttana
                 di Babilonia (o Dama Scarlatta) dell’Apocalisse, che sin dal tempo di Wycliffe designa, per gli eretici
                 inglesi, la Chiesa di Roma (e non a caso l’originale di Falstaff era un cavaliere Lollardo).
              52 II, iii, 43 Il “combustibile” di Bardolfo è il vino («Ti ho sempre provvisto di fuoco, da trentadue anni
                 a questa parte, salamandra che sei − gli rinfaccia Falstaff in 1-Enrico IV −, e col moscato che mi
                 hai bevuto avrei potuto fare il pieno di candele dal candelaio più costoso d’Europa»).
              53 II,  iii,  51 Holdfast is the only dog  è  un  proverbio  adattato: Brag (“il can che abbaia”) è un buon
                 cane − dice il detto originario − ma Holdfast (“il can che morde, e non molla la preda”) è ancora
                 meglio. Al v. 52 “Caveto” (stai in guardia) è personificazione della prudenza.

              54 II, iv La scena ha luogo in un palazzo reale di Francia, forse a Rouen. Il Re di Francia  è  Carlo VI
                 (1368-1422),  detto le bien aimé,  o l’insensé, per la malattia mentale che lo afflisse, in fasi alterne,
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