Page 1740 - Shakespeare - Vol. 2
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35 II, i, 32 “Di punta e di cruna” (lett., “in punta d’ago”) rende un ovvio sottinteso sessuale.

              36 II, i, 39 I cani islandesi, tenuti come cani da salotto, erano lunghi di pelo e bisbetici di carattere.
              37 II,  i,  41  Mrs  Quickly  si  esprime  in  modo  comicamente  contraddittorio,  ma  la  contraddizione  è
                 apparente. La filosofia collettiva degli Irregular Humorists è quella della sopravvivenza, reiterata da
                 Pistola nella battuta finale della scena: “Quello che conta è sopravvivere” − con o senza Falstaff. Al
                 quale Falstaff si deve l’immortale battuta, Discretion is the better part of valour: il valore è una bella
                 cosa ma la prudenza è anche meglio. C’è una saggezza di fondo, nei commenti di questi anti-eroi
                 avversi  alle  inutili  stragi,  che  può  offrire  materia  di  meditazione  (come  sottolinea  H.C.  Goddard  in
                 un’attenta analisi della scena).

              38 II, i, 70 Nella muta di cani che sbranarono Atteone, quelli di razza cretese si distinguevano dal pelo
                 irsuto.  Shakespeare  conosceva  bene  la  famosa  traduzione  di  Ovidio,  ad  opera  di  Arthur  Golding
                 (1565-67).
              39 II, i, 73 powdering-tub è il tino usato per salare la carne: in questo caso, la tinozza dove i malati di
                 lue  venivano  sottoposti  a  suffumigi. Lazar kite è reso con “gatta impestata” data l’assonanza fra
                 kite  (“nibbio”,  simbolo  di  rapacità)  e  cat,  kitten  (“gatta”,  “gattina”:  la  sensualità).  L’infedeltà  di
                 Criseide fu dagli dei punita con la lebbra e il lazzaretto. Doll Tearsheet (= Lola Straccialenzuola) è
                 una vecchia conoscenza: ospite della taverna-bordello di Eastcheap, in 2-Enrico IV.
              40 II, i, 81 Le fattezze di Bardolfo son ben note alla platea. In 1-Enrico IV egli è chiamato “il Cavaliere
                 della  Lanterna  Ardente”  per  il  suo  nasone  purpureo  (“fiaccolata  perpetua,  eterno  falò  di  gioia,
                 tizzone d’inferno, unica fonte di luce in un volto di tenebra”).
              41 II, i, 84 “Il Re gli ha spezzato il cuore”: è questo il punto cruciale della trama secondaria imperniata
                 sulla  dissoluzione  dell’allegra  brigata  di  cui  Falstaff  era  il  centro:  trama  non  certo  secondaria  per
                 capacità  di  commozione.  In 2-Enrico IV  il  giovane  Re  ha,  con  parole  raggelanti  (“Vecchio,  non  ti
                 conosco”), pubblicamente umiliato l’antico maestro di vita e di baldorie; il quale, incredulo, si è illuso
                 che  non  faccia  sul  serio  (“Un  re,  alle  folle,  deve  apparire  virtuoso”).  Solo  adesso  sappiamo  che
                 Falstaff non si è più ripreso.
              42 II,  i,  106  In  “vivrò  a  spese  di  Nym”  si  perde  il  gioco  di  parole. To  nim   significa  “sgraffignare”,
                 “rubacchiare”: quindi, “vivrò di ruberie”.
              43 II,  i,  120 Fractus  animus  è  l’animo  contrito,  e corroboration  indica  l’azione  della  Grazia,  specie  in
                 previsione di una morte imminente.
              44 II, ii La scena ha luogo, come preannunciato, a Southampton e, nel descrivere lo smascheramento
                 del complotto denunciato dal Coro, segue da vicino le fonti storiche. Di suo Shakespeare inserisce
                 l’episodio  del  perdono  del  suddito  colpevole  di  lesa  maestà,  che  ha  precedenti,  peraltro,  in  fonti
                 classiche, e che qui sottolinea la falsità dei congiurati e ce li rende detestabili. C’è chi, d’altra parte,
                 trova detestabile e falso il comportamento del Re.
              45 II, ii, 98 Scrope era stato, sino al 1411, ministro del Tesoro di Enrico  IV. Le operazioni della Zecca
                 erano dirette da lui.
              46 II, ii, 142 Commenta il Goddard: «È come se Enrico V avesse condensato la sua propria storia nelle
                 quattro parole: another fall of man. Hal non ha rinnegato Falstaff: ha rinnegato se stesso». Anche
                 a non condividere tale atteggiamento censorio, resta pur vero che il ripudio di Falstaff lascia a kind
                 of blot − una specie di macchia − sull’immagine del Re.

              47 II, iii Siamo di nuovo a Londra, nei pressi della solita taverna, per assistere a una delle scene più
                 famose, più toccanti e più spesso citate dell’intero canone shakespeariano. «La morte di Falstaff»,
                 scrive Gabriele Baldini, «costituisce il più alto episodio lirico di tutto il dramma. Non è quindi, come si
                 può pensare dal modo di scorcio con cui è presentata e, soprattutto, dall’umile compagnia che si
                 trova  ad  accoglierla,  un  episodio  secondario  e  accidentale,  un  ornamento  della  più  vasta
                 composizione epica: esso è bensì il suo centro e la sua giustificazione.» Sulla centralità della scena
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