Page 426 - Shakespeare - Vol. 1
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Vergogna, donnicciola pappamolla!
 Non hai il coraggio di maledire i tuoi nemici?

SUFFOLK

 Che gli colga la peste! Perché dovrei maledirli?
 Se le maledizioni uccidessero come il lamento della mandragola, 98
 io inventerei termini altrettanto gonfi d’amarezza,
 altrettanto osceni, aspri e orribili da udire,
 scagliati con forza con le labbra serrate,
 con tali e tanti segni di odio mortale, da sembrare
 l’Invidia dal volto smunto nella sua immonda caverna.
 La lingua inciamperebbe nelle mie parole aggressive,
 gli occhi emetterebbero scintille come la selce battuta,
 i capelli mi si rizzerebbero in testa, come a un matto,
 sì, e ogni giuntura parrebbe maledire e lanciare anatemi:
 e in quel momento il mio cuore pesante si spezzerebbe,
 a non maledirli. Sia veleno ogni loro bevanda!
 Il fiele - peggio del fiele - la cosa più squisita da gustare;
 l’ombra a loro più dolce, un boschetto di cipressi;
 la vista più importante, i basilischi omicidi;
 la sostanza più soffice, pungente come morso di lucertola;
 la musica che sentono, paurosa come il sibilo del serpente;
 e le stridule civette del malaugurio completino l’orchestra!
 Tutti i lerci terrori dell’inferno, la tetra terra...

MARGHERIT A

 Basta, dolce Suffolk; tu ti arrovelli,
 e queste tremende maledizioni, come il sole riflesso
 in uno specchio, o un cannone troppo carico, rinculano
 e rivolgono contro di te la loro energia.

SUFFOLK

 Mi hai incitato a inveire, e ora vuoi che mi fermi?
 Adesso, per il suolo da cui vengo bandito,
 potrei stramaledire durante una notte d’inverno,
 standomene nudo sulla cima d’una montagna,
 dove il vento pungente non fa mai crescere l’erba,
 e pensare che sia passato solo un minuto allegro.

MARGHERIT A
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