Page 397 - Shakespeare - Vol. 1
P. 397
GLOUCEST ER
Sii paziente, nobile Nell, dimentica questo dolore.
ELEANOR
Ah, Gloucester, insegnami a dimenticare me stessa:
perché, finché penso di essere tua moglie legittima,
e che tu sei un principe, Protettore di questa terra,
non mi pare di dover essere sballottata in questo modo,
avvolta nella vergogna, con delle carte sulla schiena,
e seguita da una canaglia che gode di vedere
le mie lacrime e udire i miei lamenti più profondi.
Il selciato spietato taglia i miei teneri piedi,
e quando sussulto, la gente maligna ride,
e mi raccomanda di fare attenzione dove cammino.
Ah, Humphrey, come sopporterò questo giogo vergognoso?
Credi tu che mai contemplerò il mondo
e riterrò felici coloro che godono del sole?
No: oscura mi sarà la notte, e notte il giorno.
Pensare al mio sfarzo sarà il mio inferno.
Talvolta mi dirò che sono la moglie del Duca Humphrey,
di lui, un principe e un governante della terra:
e tuttavia così governò, fu tanto principe da assistere,
immobile, mentre io, la sua duchessa derelitta,
diventavo oggetto di meraviglia e di beffa
per ogni ozioso passante straccione.
Ma fa’ il bravo, non arrossire della mia vergogna,
non agitarti mai, finché la mannaia della morte
non penda su di te, come di sicuro accadrà tra poco.
Infatti, Suffolk, che fa tutto quel che vuole,
insieme a lei, che odia te e odia tutti noi,
e a York, e all’empio Beaufort, quel falso prete,
hanno messo la pania nei cespugli per invischiarti
le ali: per quanto tenti di volare, cadrai nella rete.
Ma tu non temere, finché il piede non avrai nella tagliola,
e non cercare di prevenire i tuoi nemici.
GLOUCEST ER
Ah, Nell, smettila; non ci azzecchi proprio:
devo compiere un’offesa, prima di finire sotto accusa,
e se avessi venti volte tanti nemici,
e se ognuno di loro avesse venti volte il potere che ha,