Page 44 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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ottenuta intuitivamente, come accade con proposizioni quali: «Ogni cosa ha sempre in sé il suo
opposto». Egli fa questo senza alcun timore, tanto che Aristotele lo accusa del più grande delitto
di fronte al tribunale della ragione: quello di aver trasgredito il principio di non contraddizione.
Ma la rappresentazione intuitiva comprende due aspetti differenti: da una parte il mondo
presente, che variopinto e mutevole s’impone a noi in tutte le esperienze; dall’altra le condizioni
che rendono possibile ogni esperienza di questo mondo, ossia tempo e spazio. Difatti questi,
anche se privi di un contenuto determinato, possono venire percepiti intuitivamente, ovvero
osservati indipendentemente da ogni esperienza e puramente in se stessi. Ora Eraclito,
considerando il tempo in questo modo, cioè sciolto da tutte le esperienze, trovò in esso il più
istruttivo monogramma di tutto quel che, in generale, può rientrare nel campo della
rappresentazione intuitiva. Il suo modo di conoscere il tempo è lo stesso, ad esempio, di
Schopenhauer. Questi ripetutamente dichiara, riguardo al tempo: che esso in ogni istante esiste
solo in quanto ha divorato l’istante precedente, suo padre, per essere poi anch’esso divorato con
uguale rapidità; che passato e futuro sono tanto vani quanto un qualunque sogno, mentre il
presente è soltanto il confine, privo di estensione e di consistenza, tra di loro; e che, però, così
come il tempo, anche lo spazio e, come lo spazio, anche tutto ciò che esiste simultaneamente
nello spazio e nel tempo, possiede soltanto un’esistenza relativa e sussiste unicamente mediante
e per qualcos’altro che, d’altra parte, è analogo ad esso nella misura in cui sussiste soltanto
mediante e per qualcos’altro. Questa è una verità dotata della più alta, immediata e
universalmente accessibile intuitività e, appunto per questo, è molto difficile da ottenere per via
concettuale e razionale. Chi l’abbia davanti agli occhi dovrà però poi proseguire anche verso la
conclusione tratta da Eraclito, dicendo che l’intera essenza della realtà è appunto soltanto un
agire e che, per la realtà, non può esserci nessun altro tipo di essere. Anche Schopenhauer ha
illustrato questo fatto: «Unicamente in quanto agente la realtà riempie lo spazio, riempie il
tempo: la sua azione sull’oggetto immediato causa l’intuizione, nella quale soltanto la realtà
esiste. La conseguenza dell’azione di ogni oggetto materiale su di un altro viene riconosciuta
unicamente in quanto quest’ultimo agisce ora diversamente dall’altro sull’oggetto immediato, e
unicamente in ciò consiste. Causa ed effetto sono dunque tutta l’essenza della materia: l’essere
della materia è il suo agire. La quintessenza di tutto quanto è materiale è perciò denominato in
tedesco, assai appropriatamente, ’effettualità’, parola molto più significativa di ’realtà’. Ciò su
cui la materia agisce è certamente ancora materia: tutto il suo essere e la sua essenza consistono
dunque soltanto nel mutamento conforme a leggi, prodotto da una sua parte in un’altra parte; di
conseguenza, il suo essere e la sua essenza sono del tutto relativi, basati su di una relazione che
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è valida unicamente entro i suoi confini, proprio come il tempo e lo spazio» .
L’eterno e unico divenire, la completa instabilità di tutto il reale, il quale non fa altro che agire
e divenire continuamente e, come insegna Eraclito, in sé non è nulla, costituiscono nel
complesso una rappresentazione terribile e paralizzante che, nei suoi effetti, è massimamente
affine alla sensazione che si prova durante un terremoto, quando si perde fiducia nella solidità
della terra. Occorreva una forza stupefacente per trasporre questo effetto nel suo opposto, in un
sentimento di sublimità e felice stupore. Eraclito ottenne questo risultato osservando la dinamica
propria ad ogni divenire e perire e concependola sottoforma di polarità, ossia come scissione di