Page 20 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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concetto, osseo, dotato di otto angoli come un dado e come questo mobile, sussiste d’altronde
     soltanto come residuo di una metafora, e che l’illusione della trasposizione artistica di uno
     stimolo nervoso in immagini è, se non la madre, per lo meno la nonna di ogni concetto. Ma

     all’interno di questo gioco di dadi concettuale si dice «verità» il servirsi di ogni dado secondo
     la sua designazione, contare con esattezza i punti su ogni faccia, costruire rubriche corrette, non
     contravvenire all’ordine delle caste e alla successione dei ranghi. Come i Romani e gli Etruschi
     tagliavano il cielo con rigide linee matematiche e in ciascuno degli spazi così delimitati, come

     in un templum, rinchiudevano un dio, parimenti ogni popolo ha sopra di sé un siffatto cielo di
     concetti  suddiviso  matematicamente  e,  sotto  l’esigenza  della  verità,  comprende  che  ogni  dio
     concettuale può essere cercato solo nella sua sfera. In ciò si può ben ammirare l’uomo quale
     potente genio costruttivo, che riesce ad erigere su mobili fondamenta e, per così dire, su acqua

     corrente  una  cattedrale  di  concetti  infinitamente  complessa.  Per  dare  sostegno  a  queste
     fondamenta, naturalmente, la costruzione dovrà essere come la tela di un ragno, tanto fine da non
     essere trascinata alla deriva dalle onde, tanto salda da non essere soffiata via dal vento. In tal
     modo, quale genio costruttivo, l’uomo sopravanza di gran lunga le api: queste costruiscono con

     la  cera  che  insieme  raccolgono  dalla  natura,  mentre  l’uomo  costruisce  con  l’assai  più  fine
     materiale  concettuale  che  deve  prima  fabbricarsi  da  sé.  Per  questo  egli  è  degno  di  grande
     ammirazione, non però per la sua pulsione verso la verità e la conoscenza pura delle cose. Se
     qualcuno  nasconde  qualcosa  dietro  a  un  cespuglio,  lo  cerca  e  lo  trova  poi  laddove  l’aveva

     nascosto, in questa ricerca e in questa scoperta non c’è molto da lodare: ma esattamente così
     stanno le cose con la ricerca e la scoperta della «verità» entro il territorio della ragione. Se
     formulo la definizione di mammifero e poi, alla vista di un cammello, dichiaro: «Guarda, un
     cammello», certamente con ciò viene portata alla luce una verità, ma essa è di limitato valore,

     voglio dire: essa è assolutamente antropomorfa e non contiene una sola parte che sia «vera in
     sé»,  reale  ed  universalmente  valida  a  prescindere  dall’uomo.  Il  ricercatore  di  siffatte  verità
     cerca  in  fondo  soltanto  la  metamorfosi  del  mondo  nell’uomo;  egli  lotta  per  comprendere  il
     mondo come una cosa umana e, nel migliore dei casi, raggiunge una sensazione di assimilazione.

     Similmente all’astrologo, che considera le stelle al servizio degli uomini e in relazione alla loro
     felicità  o  ai  loro  dolori,  un  siffatto  ricercatore  considera  il  mondo  intero  come  dipendente
     dall’uomo, come l’eco infinitamente ripetuto di un suono originario, cioè dell’uomo, come la
     copia più volte riprodotta di un unico originale, cioè dell’uomo. Il suo procedimento consiste

     nel  considerare  l’uomo  misura  di  tutte  le  cose:  nel  fare  questo  egli  però  parte  dall’erronea
     credenza  di  avere  queste  cose  immediatamente  davanti  a  sé  come  oggetto  puro.  Egli  dunque
     dimentica che le originarie metafore intuitive sono appunto metafore e le scambia per le cose
     stesse.

       Soltanto  con  l’oblio  di  quel  primitivo  mondo  metaforico,  soltanto  quando  la  massa  di
     immagini,  che  originariamente  si  riversa  con  prorompente  fluidità  dalla  facoltà  primordiale
     della fantasia umana, diventa dura e rigida, soltanto credendo con fede invincibile che questo
     sole,  questa  finestra,  questo  tavolo  siano  verità  in  sé,  in  breve:  soltanto  quando  l’uomo

     dimentica se stesso come soggetto e, precisamente, come soggetto artisticamente creativo, egli
     vive con una certa quiete, sicurezza e coerenza. Se potesse gettare un solo sguardo fuori dalla
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