Page 18 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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grado suddetto. Se non vuole accontentarsi della verità in forma di tautologia, ossia di gusci
     vuoti, baratterà eternamente le illusioni con verità. Che cos’è una parola? La copia sonora di
     uno stimolo nervoso. Inferire però dallo stimolo nervoso una causa fuori di noi è già il risultato

     di una falsa ed indebita applicazione del principio di causalità. Se nella genesi del linguaggio
     fosse risultata decisiva la verità, o nelle designazioni unicamente il punto di vista della certezza,
     come potremmo dire allora: «la pietra è dura», come se «duro» fosse per noi qualcosa di noto, e
     noto  non  soltanto  come  una  stimolazione  del  tutto  soggettiva?!  Noi  suddividiamo  le  cose  in

     generi,  designiamo  l’albero  come  maschile,  la  pianta  come  femminile:  ma  che  trasposizioni
     arbitrarie!  A  quale  distanza  esse  sorvolano  il  canone  della  certezza!  Noi  parliamo  di  un
     serpente: la designazione non coglie altro che l’attorcigliarsi, dunque potrebbe spettare anche al
     verme.  Che  arbitrarie  delimitazioni,  che  preferenze  unilaterali  accordate  ora  all’una,  ora

     all’altra proprietà di una cosa! Le diverse lingue, poste l’una accanto all’altra, mostrano che
     nelle parole non conta la verità, né un’espressione adeguata: perché altrimenti non ci sarebbero
     così tante lingue. La «cosa in sé» (che sarebbe appunto la verità pura e priva di conseguenze) è
     assolutamente  inafferrabile  e  nient’affatto  desiderabile  anche  per  il  creatore  del  linguaggio.

     Questi  designa  solamente  le  relazioni  delle  cose  con  gli  uomini  e,  per  esprimerle,  ricorre
     all’aiuto delle metafore più ardite. Dapprima uno stimolo nervoso trasposto in un’immagine:
     prima metafora! Poi l’immagine nuovamente riprodotta in un suono: seconda metafora! Ed ogni
     volta si salta bruscamente in una sfera completamente diversa e nuova. Si può immaginare un

     uomo  che,  completamente  sordo,  non  abbia  mai  avuto  sensazione  alcuna  del  suono  e  della
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     musica: come questi ad esempio guarda con meraviglia le figure acustiche di Chladni , ne trova
     la causa nelle vibrazioni della corda e giura allora di dover sapere ormai che cosa gli uomini
     chiamano suono, così accade a tutti noi con il linguaggio. Quando parliamo di alberi, colori,

     neve e fiori crediamo di sapere qualcosa sulle cose stesse, eppure non possediamo altro se non
     metafore  delle  cose  che  non  corrispondono  affatto  alle  essenze  originarie.  Come  il  suono  si
     presenta  sotto  forma  di  figura  nella  sabbia,  così  l’enigmatica  X  della  cosa  in  sé  si  presenta

     prima come stimolo nervoso, poi come immagine, infine come suono.
       Ad ogni modo non c’è nulla di logico nel sorgere del linguaggio, e tutto il materiale nel quale e
     col quale lavora e costruisce in seguito l’uomo della verità, il ricercatore, il filosofo, proviene,
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     se non da una Nefelococcigia , comunque non certo dall’essenza delle cose.
       Ma soffermiamoci ancora specificamente sulla formazione dei concetti: ogni parola diviene
     subito concetto perché non deve servire come ricordo dell’esperienza originaria alla quale essa
     deve il proprio sorgere, che è unica e assolutamente individuale, bensì deve adattarsi allo stesso

     tempo a innumerevoli casi più o meno simili, cioè a rigore mai uguali, dunque semplicemente
     disuguali. Ogni concetto sorge equiparando ciò che non è uguale. Se certamente nessuna foglia è
     perfettamente  identica  ad  un’altra,  altrettanto  certo  è  che  il  concetto  di  foglia  viene  formato
     lasciando  arbitrariamente  cadere  queste  diversità  individuali,  dimenticando  l’elemento
     discriminante.  Tale  concetto  suscita  poi  l’idea  che  in  natura,  oltre  alle  singole  foglie,  esista

     qualcosa come «la foglia», una sorta di forma primordiale in conformità alla quale tutte le foglie
     sarebbero tessute, disegnate, misurate, colorate, increspate, dipinte, ma da mani maldestre, così
     che  nessun  esemplare  risulterebbe  copia  veritiera,  corretta  e  attendibile,  della  forma
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